c'è stata un po' di confusione fra gli opinionisti, questa pellicola è del regista inglese Peter Greenaway,un regista molto particolare difficile da comprendere fra il visionario e l'eccentrico (molto), sicuramente non adatto per tutti. 8 donne e 1/2 non è decisamente la sua opera migliore ma comunque sufficiente
Ambra cara, forse volevi lasciare la tua opinione su "Otto donne e un mistero", di recente uscita, ma hai toppato. stai attenta, la prossima volta.
Comunque questo è un "Greenaway": interessante, ma meno del solito. Fellini, ovviamente, c'è solo nel titolo. Il resto è la visione di un singolare regista.
Se ne potrebbero dire all'infinito, di quest'ultima pellicola di Peter Greenaway. Ritenuta da molti deludente e seguita da pochissimi nelle sale, "8 donne e ½" parte dal proposito di essere un omaggio al grande Federico, il che creerebbe il pretesto per una prima penalizzazione. Chi ha detto, però, che gli omaggi debbano essere per forza pellicole di serie B? Ci sono citazioni e autocitazioni, e allora? Evidentemente, Greenaway è una specie di Mina del cinema: può fare film non necessariamente originali perché la sua schiera di ammiratori fedeli continuerà a seguirlo. E a capire, e ad entrare nell'ottica non facile del suo mondo. Stando così le cose, io m'inserisco tra gli stessi greenofili, e a loro mi rivolgo. Cosa vediamo, che non sia pane per i nostri denti? Chi può rimanere indifferente a quelle case, a quei corridoi, a quegli specchi o all'immancabile fotografia caleidoscopica? Questa di Greenaway può essere la summa di un quindicennio: meno ridondante e dispersiva de "L'Ultima Tempesta", più sempliciotta di "Giochi nell'Acqua" e forse un po' troppo analoga a "Il Ventre dell'Architetto". Anche qui, infatti, il protagonista è un 60enne in odore di andropausa e di primi acciacchi senili. La sua fresca vedovanza ne accentua i risvegli edipici e gli ispira un'esasperata promiscuità, il tutto in un vortice di contraddizioni e peccati che troveranno il contrappasso nel finale dissacrante. O forse scontato. Se John Standing è grande nell'interpretazione dell'uomo maturo (Brian Dennehy ci aveva stupito ne "Il Ventre dell'Architetto", ma soprattutto per i suoi passati di caratterista in americanate), non da meno è Matthew Delamere nella parte del fresco, intraprendente e carinissimo rampollo, inizialmente ricco d'iniziativa (per tirare su il morale del genitore lo invita perfino ad un incesto con lui) ma poi impietosamente umiliato dai gusti troppo raffinati delle donne del quadro. Tutte o quasi, infatti, sono rapite dal fascino vissuto del protagonista-padre. I riferimenti al capolavoro di Fellini ("8 e ½", 1963) ci sono -e non solo nella scena del cinema- ma son talmente rispettosi da rendere impossibile qualsiasi valido paragone.
Molto carino e sorprendente nel finale,anche se allo stesso tempo un pò lento come il più delle volte sono i tipici film francesi.
Avendolo visto in lingua originale forse l'ho potuto apprezzare in tutto il suo sarcasmo.Favolosa è Isabelle Huppert e la mai deludente Fanny Ardant.