Fotografia stupenda, linguaggio filmico coraggioso e interessante nel 2005(ma richiede grande capacità di ascolto e una tenacia a cui non siamo più abituati...) affidato quasi esclusivamente ai primi piani e al linguaggio dei corpi, attori bravi, storia che fa pensare (il che non è poco coi tempi che corrono!),il 68 è un pretesto storiografico, insomma tanti aspetti positivi ma pesante, un po' troppo lento, e per finire una certa pretesa di pontificare sui rapporti tra vita e morte, tra realtà e sogno senza aver capito bene cosa dire oltre ad esprimere un pizzico di masochismo critico verso la società e se stessi..., o forse il genere umano?
Che dire: non è di sicuro un capolavoro, interessante per riflettere e disintossicarsi dai film americani, sicuramente coraggioso; un regista da tenere d'occhio per le prossime prove.
Finalmente Bertolucci, uno dei mammasantissima del cinema italiano, icona della sinistra nostrana ed osannato da critici come il tandem di ferro Silvestri-Ciotta (il manifesto), osannato gratuitamente, ma si sa ch'è tutta una cosca, ha avuto quel che meritava! Il film è splendido, anche nella sua amarezza. Esteticamente impeccabile, col suo tragico epilogo, è la migliore narrazione della delusione che ha colpito una generazione intera di militanti che volevano cambiare la vita, assieme al mondo. Ed ancora oggi, ne pagano le conseguenze. Me compreso.
Garrel racconta il crollo delle illusioni politiche e private del '68 francese grazie anche alla preziosa collaborazione del figlio, che interpreta con partecipazione e sensibilità il personaggio del protagonista, promettente poeta perso tra una fumata d'oppio e la storia d'amore con una giovane scultrice. Il film è lungo (tre ore) e molto lento, ma gli amanti di un certo genere di cinema francese (Nouvelle Vague, il Godard di Bande a part, i primi Rohmer)non troveranno di che lamentarsi. Gli altri, beh, meglio che stiano alla larga perchè l'abbiocco potrebbe non lasciare scampo!
il fatto che i biglietti per la proiezione del film di Garrel fossero esauriti già la mattina poteva far pensare di trovarsi di fronte ad un grande capolavoro (o almeno ad un successo di pubblico). la lunghezza (tre ore) del film, però, avrebbe dovuto essere un campanello d'allarme. ma l'interminabile visione di les amants reguliers è stata davvero una prova durissima. e sì che con The Dreamers di Bertolucci pensavo di aver visto il peggio degli umori sessantottini mal digeriti! invece qui si passano i primi tre quarti d'ora a contemplare il lancio di sanpietrini e l'incendio di automobili da parte dei nostri eroi (che quando dormono si sentono degli emuli della rivoluzione). poi entrano in scena l'oppio (alla terza fumata si comincia a perdere la pazienza) e le donne e almeno uno si immagina, dato il titolo, che arriverà un po' di sesso a dare una scarica di adrenalina allo spettatore sonnacchioso. e invece no. si susseguono i primi piani di personaggi (periodicamente ne salta fuori qualcuno nuovo, non è sempre chiaro perchè) intendi in profondi e silenziosi pensieri con lo sguardo in macchina.
poi il protagonista (?) incontra una ragazza e diciamo che stanno insieme. e poi l'amico benestante (ce n'è sempre uno,m a dimostrare, come se Bertolucci non fosse bastato, che per fare la rivoluzione ci vuole sempre un bell'appartamento dove campeggiare e la grana di amici o genitori compiacenti così che la tentazione di lavorare resti sempre lontana all'orizzonte) se ne va in marocco e finalmente (purtroppo ci restano ancora venti minuti di visione) garrel arriva all'ultimo rullo della pellicola che gli avevano fornito i produttori (e che ha usato tutta, sembrerebbe).
la bella scultrice con papà proletario che sembra uscito da un film di pasolini (sic!) se ne va negli Stati Uniti e il poeta ombroso pensa bene di suicidarsi.
all'accendersi delle luci mezza sala è vuota e l'altra sospira di sollievo.
mai più!