E’ il racconto appassionato di un padre e di un figlio che dalla campagna si trasferiscono in città, a Pechino, alla ricerca della fortuna e del successo che sta nelle mani del tredicenne Xiao Chun per la sua straordinaria abilità nel suonare il violino. Le peripezie per trovare prima un alloggio e la possibilità di vivere e poi una scuola di musica che perfezioni la capacità del ragazzo si susseguono sullo sfondo di una Cina in rapida trasformazione. Avviata dopo il comunismo al capitalismo e al consumismo, appare come una società emergente, in pieno sviluppo produttivo ed economico, dove fa strada chi ha pochi scrupoli e ha le conoscenze giuste. La tenacia del padre, che fa di tutto per dare al figlio l’opportunità di realizzarsi e di “sfondare” col suo magico violino, permette di trovare la via d’uscita con un maestro che sa il fatto suo. Ma ecco che quando il sogno è ormai a portata di mano ogni prospettiva si ribalta. Non sono le opportunità che può offrire la capitale che contano, non è il successo a lungo accarezzato che vale. La felicità e la piena autorealizzazione è ritrovata piuttosto in quel rapporto straordinario che ha legato per una dozzina d’anni i due come genitore e figlio, nella verità che solo alla fine si scopre di un padre adottivo e di un bimbo trovatello, nell’accettazione di una realtà magari povera e limitata, ma non ingannata dalla rincorsa della fama e della carriera. Similmente al film Billy Elliott di qualche anno fa che si esprime nel campo della danza, anche Xiao Chun non si ferma davanti alle difficoltà, da quelle dove è nato a quelle che incontra nel suo percorso. E’ un progresso che ben rappresenta da un lato l’emancipazione di una società verso la libertà, dall’altro la lotta della vita e la possibilità di raggiungere obiettivi che paiono impossibili. E’ interessante che il regista Kaige Chen evidenzi la rivalutazione degli affetti familiari, di ciò che è più vero ed essenziale davanti alle lusinghe della messa in scena e degli applausi.