L'idea su cui regge il film a ben guardare non è del tutto nuova: si tratta del panegirico moderno dell'elogio della follia di erasmo da rotterdam. fra i sette protagonisti, infatti, misteriosamente impriginati nel cubo, l'unico che riguadagnerà la luce sarà il malato mentale, l'innocente "creatura" che, come un bambino, non rimane invischiato tra gli stati d'animo contrastanti e alienati dei suoi compagni di avventurra. se l'idea non è prorio nuova, bisogna dare atto al regista italo canadese vincenzo natali di aver saputo creare, alla sua prima esperienza in un lungometraggio, una pellicola carica di intensità e che riesce a reggere il confronto, nonostante i pochi mezzi a disposizione e il cast poco rinomato, con i migliori film del genere fantascientifico. una buona dose di suspense e un pizzico di horror danno al prodotto un'apprezzabile rifinitura.
L'ho visto per caso su Sky ieri sera e devo dire che l'ho trovato così geniale che mi sono rivista la seconda metà su +1.
Questo film fa saltar fuori tutte le parti migliori e peggiori di ciascuno di loro. Il ritmo pressante li obbliga ad una tensione continua facendo "fuoriuscire" in ciascuno di loro il meglio m anche il peggio.
La fine : l'uscita con il ragazzo autistico è un andare verso l'ignoto.
P.S. la matematica Nicole De Boer, nella serie The Dead Zone, Tratta da un film di Stephen KIng, rappresenterà la "mancata" moglie del protagonista.
Prendi un giorno qualunque, un pensiero che comincia improvvisamente a martellare nella mente e alcuni suggerimenti, o soluzioni possibili, per tornare alla lucidità, al concreto.
Riponi il tutto in una moderna “torre di Babele”, senza apparenti vie d’uscita e lascia ribollire il tutto senza desiderare che possano giungere in soccorso forza, intelligenza o astuzia. Attendi soltanto quel pizzico di follia che giungerà, inaspettato, per condurti al di là di ogni frustrazione, angoscia o debolezza, perché le trappole proposte dagli intricati meccanismi mentali non sortiranno alcun effetto se “volerai alto”, se lascerai che l’inutile resti tale.
Credo che sia questo il concentrato di “Cube”, un enorme cubo pieno di stanze in cui nessuno dei protagonisti sa esattamente dove siano e perché. Il cammino verso l’”uscita” e insidioso e ricco di trappole mortali e sotto pressione fisica e psicologica i rispettivi “alter ego” prendono il sopravvento sulle fragili individualità fino a giungere alla confusione totale. L’incontro apparentemente casuale di un folle sarà la chiave di volta: i suoi irrazionali suggerimenti guideranno all’uscita che, tuttavia, nessuno saprà guadagnare.
Il film merita molti apprezzamenti sia per l’abilità registica che per la crudezza, mai volgare, delle scene più violente e, non ultimo, i pochi mezzi finanziari. Unico neo: il ritorno “americanato” del violento già dimenticato dalla storia.