A prescindere dal fatto che ognuno ha i propri gusti e le proprie idee, penso sia importante ribadire a chi ha sostenuto che "la scena della cucina del ristorante è ridicola", "il film è troppo surreale", "pellicola superficiale", che questo film e' tratto da una storia vera, e in particolare dalla biografia di mariolini che si intitola "il collezionista di anoressiche"!!! e' liberamente tratto, ma in realtà quasi tutti i particolari sono realmente descritti dallo stesso protagonista della triste storia, il quale ora si trova in carcere per l'omocidio della ragazza.
se volete saperne di piu, guardate l'intervista che franca leosini ha fatto al mariolini per il programma storie maledette (la trovate su youtube).
in ogni caso, credo che questo film sia stato in grado di rendere credibile una storia cosi drammatica, e che il realismo di garrone sia una perla del cinema italiano
Garrone l'ho conosciuto con "L'imbalsamatore": un grande film! Questo "Primo Amore" è la conferma che questo giovane regista trova assolutamente congeniale il difficile terreno della devianza, della perversione, ma anche della triste realtà, perchè la trama di questo film è di per sè un monito a chi persegue oggi (ed è la maggioranza) il parametro dell'esteriore, dell'apparire. La perversione dell'orafo co-protagonista (attore non professionista) è la perversione del nostro tempo. L'amore incondizionato e commovente di lei non viene minimamente apprezzato. A questo viene sadicamente anteposta la magrezza "condizione fondamentale di partenza" per un rapporto duraturo. Non è un film sulla perversione, è un film sull'uomo del secondo millennio. E questo (l'uomo, non il film) non è bello da vedere.
Colonna sonora e riprese tanto belle da non sembrare italiane!
Grazie Garrone, il cinema italiano vive!
Ciò che colpisce subito nel film è l'accento spudoratamente veneto del protagonista lasciando nell'aspettativa abituale dell'ascoltatore/osservatore un senso di nausea da realtà che ispira alla fuga dalla visione ma che poi sarà proprio un collante che terrà il pubblico estremamente interessato a ciò che d'inquietante (e perciò così familiare e intimamente tetro) viene fuori da questo orafo veneto interpretato magistralmente. La malattia non si fa aspettare limitatamente a ciò che l'orafo vuol fare del corpo della sua fizandata ma già si percepisce ancora una volte nei suoni della voce del protagonista, priva d'eco, avara di parole e perciò essenziale (come l'idea ossessiva di corpo essenziale) pur nonostante la totale convenzionalità del linguaggio. E sembra che l'idea di essenzialità e quindi di autenticità/ verità caratterizzi anche questo (nuovo?) modo di fare cinema del regista e la sua filosofia senza i soliti effetti speciali ne altri fronzoli di sceneggiatura a danno dell'immmediatezza delle emozioni. Ed anche i sentimenti e i pregiudizi dello spettatore all'inizio "grezzi", ostili contro questo personaggio cupo e noioso come la sua voce, si affinano, si perfezionano, "si modellano" durante il cammino, il percorso del film, sfociando ancora nell'ottica della tragedia dove alla fine tutte sono vittime.
È un capolavoro , ne facessero di piu di film cosi.
e poi non ho visto neanche un film che fosse cosi simile alla realtà come questo. la riproduce senza aggiungere nulla, ma con un fascino e un carisma che pochi sanno dare a film tratti da storie vere, almeno in italia.