Scadente la trama, attori incapaci.
olmi dovrebbe prendere spunto da neri parenti che questo natale ha stampato i sorrisi sulle faccie degli italiani :)
Fotografia adeguata, colori tenui, silenzi, ritmi e atmosfere da favola sono il contorno per una metafora sul potere che si alimenta con inganni, ipocrisia, falsa rispettabilità. in parallelo un messaggio di profonda speranza, di perdono, di visione della pace
Cari cinefili amici di film up, purtroppo siamo alle solite. Ci sono persone che si ostinano a lasciare i Vanzina per un bel film d'autore e inevitabilmente escono dalla sala senza averci capito una mazza. E come se non bastasse, a conferma della loro cafonaggine, hanno anche la pretesa di scrivere frasi offensive. Va bene la libertà di espressione, basterebbe evitarne l'abuso. In merito al film, lo ritengo ottimo e credo (spero)di averne apprezzato tutto l'apprezzabile, in particolare la qualità della fotografia e la grazia delle immagini. Mi ha colpito molto la metafora del bombardamento fatto con gli aquiloni che accompagna alla svolta finale del perdono. E faccio mio il messaggio di Olmi, invitando a perdonare anche gli affossatori di questo bel film. In fondo esprimono solo il disagio di una diffusa mancanza di sensibilità, vanno quindi assolti perchè non sanno quello che scrivono. Un caro saluto e buona visione da Roberto.
Cantando dietro i paraventi - olga di comite
in un film di pirati ci aspetteremmo tumultuosi arrembaggi e sfacciate ribalderie, vascelli in bilico tra tempeste oceaniche e pirati truculenti, acerrimi corpo a corpo ed effetti speciali mozzafiato. niente di tutto questo. invece degli oceani tumultuosi, le acque placide del lago di scutari, racchiuse tra scabre colline; invece di un feroce e fascinoso capociurma una delicata e pensierosa piratessa, che coltiva nel cuore, sì, la vendetta, ma anche un intimo desiderio di pace e di perdono. l'ultima opera di olmi, attesa da tutti e da me (che ne sono un'ammiratrice) per l'argomento e l'ambientazione insolita nella sua produzione, non difetta quindi di originalità e si distingue proprio per la sua ieratica lentezza e i lunghi silenzi. e ciò che più mi ha colpito è proprio quel dialogo scarno e sacrale. però debbo ammettere che, come tutto ciò che carichiamo d'aspettativa, a volte il racconto mi è apparso fragile e in alcune parti ripetitivo o monotono, girato insomma troppo al ralenti. questo non tanto per manchevolezze della regia, quanto per il ruolo scarsamente incisivo dei personaggi e in particolare della protagonista, figura patinata e scolorita come l'interpretazione che ne dà l'attrice scelta dal maestro, una giapponesina ventunenne che studia ingegneria edile a roma.
ad eliminare l'aspetto avventuroso dalla favola-apologo contribuisce notevolmente l'espediente del teatro nel teatro, grazie al quale il narratore allontana la vicenda in un senza tempo e può sottolineare con note formule gli stilemi tipici della cultura favolistica e del teatro orientale. sicché il messaggio semplice e chiaro contro la guerra - che è senz'altro l'obiettivo prefissosi dal regista - sembra farsi strada a fatica tra simboli ed immagini. queste ultime, preziose, studiate nei minimi particolari, con quel gusto e maestria pittorica tipica dell'autore, sono perlopiù suggestive come le inquadrature, in cui una natura vista come riflessi sull'acqua, tremolare di cespugli, volo di uccelli sembra mimare lo splendore calligrafico dell'arte cinese, rimandando a kurosawa. altro elemento apprezzabile del film è la capacità di parlare di guerra senza mostrarne violenze e atrocità, servendosi solo di qualche cannonata che solleva piccole colonne d'acqua o di fumo. tutto remoto, insomma, tranne l'attualità dell'invito alla pacificazione. a tratti sembra davvero di sfogliare una preziosa edizione di favole orientali, tipo l'usignolo e l'imperatore, con i dignitari che ritornano a riferire o a prendere ordini dal sovrano, con le voliere di uccelli raffinatissime, con i veli che filtrano sguardi obliqui di donna, col ritmo lento del cammina cammina... ma come accennavo prima, tutti questi elementi rimangono come isolati e successivi l'uno all'altro, senza riuscire, a mio parere, a diventare unità di forme e contenuti e generando a tratti una caduta d'interesse.
Inferiore al Mestiere delle armi, ma cmq ottimo.
Lento? Forse, ma è un problema di chi ha bisogno di esplosioni e scazzottate.
Olmi resta forse l'unico regista italiano a fare grandi film e vera poesia (quella dei suoi colleghi ne è solo una patetica imitazione).