Da questa faida familiare escono sconfitti, distrutti, disumanizzati i sentimenti di affetto, di consanguineità (c'è un incesto tra madre e figlio) e nulla importa più a questi esseri se non la volontà del potere e quella della distruzione. Nel crepuscolo del bunker hitleriano si chiude, come in una tragedia schekspiriana, la storia diabolica degli "dei". L'atmosfera decadente e crudele del nuovo regime è raccontata senza nessuna preoccupazione realistica, in un affresco sontuoso e impressionante, con la cadenza opprimente e apocalittica del dramma wagneriano.
Non convince la tesi storica del film: il nazismo non uccise né fagocitò la borghesia industriale, che invece ha saputo sopravvivergli.
Forzature, dissonanza, compiacimenti sono i peccati minori di un film dal ritmo spiccio, di fosca potenza, con una compagnia internazionale di attori di prim'ordine.
Una pellicola indimenticabile in cui ogni sequenza conduce a riflettere sulla situazione storica del periodo, sulla complessità del fenomeno "nazismo" osservato perlopiù da un punto di vista psicologico.
Già frutto del connubio Visconti-Berger, il film mi ha lasciato sconvolta per le sue capacità d'analisi non indifferenti.
L'interpretazione di Berger è poi a dir poco straordinaria.
Non posso non consigliare la visione di questo capolavoro del cinema, suggerendo, insieme, la visione di "Ludwig", nonché di "Morte a Venezia".