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Lettere al vento

Opinioni presenti: 4
Media Voto: Media Voto: 7.5 (7.5/10)

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Un' emozione

(9/10) Voto 9di 10

Io sono una ragazza albanese e da poco ho visto il film qua in albania. "lettere al vento", un film vissuto, un film che ti passa nel oscurita del spirito e ti fa venire i brividi. un mio stretto parente e' statto anche parte dell staff, con un ruolo importante per la parte albanese dell film, dimostrandomi modesta non voglio scoprirlo, ma quello che mi comuove di piu e' che finalmente voi italiani abbiate capito che l'arte non lo fanno nomi, l'origine etc. ma l'arte lo fa il spirito, e edmond budina si come anche lo conosco personalmente e' un diamante, perche quest'uomo vive la vita, poi fa l'arte che serve a qualcosa, ad aprire gli occhi alla gente. il film e' bello perche e' reale. il film e' bello perche c'e' feeling, c'e' un conflitto che quello chi lo vede, sente che anche lui fa parte in questa storia che ormai tutti l'abiamo vissuto in un modo o in un altro.do il 9 al film perche il montagio non mi e' piaciuto in 3 momenti. grazie.



Lorena, 21 anni, Albania.




invita a riflettere

(8/10) Voto 8di 10

Avendo vissuto in prima persona l'ondata di immigrati albanesi (vivevo a Brindisi in quel periodo) ero interessato a come gli occhi di un albanese potessero raccontare il dramma che ha vissuto e che continua a vivere il suo popolo. Questo viene fatto bene e il film è reale sia nel raccontare e descrivere la parte sana e onesta e sia nel mostrare quella parte di chi dall'immigrazione ha voluto ricavare i profitti pescando nel torbido. Consiglio una visione di questo film pertanto soprattutto a chi giudica e esprime pareri su un fenomemo immigratorio senza conoscere le diverse sfaccetture e soprattutto a chi legifera in modo approssimato e incosapevole senza riuscire a risolvere il problema ma magari creandone altri.



Giuseppe, 35 anni, Roma (RM).




empi quei popoli che dimenticano i propri eroi.

(8/10) Voto 8di 10

Vorrei solo esortare alla visione di questo film, poiché di immigrazione si parla tanto e si dicono luoghi comuni. invio qui le mie riflessioni sul film.Lettere al vento, il primo lungometraggio dell’albanese Edmond Burdina, è soprattutto la sofferta radiografia di un paese allo sbando, da noi conosciuto confusamente come terra di origine, al di là del mare, di migliaia di immigrati. Per quanto le digressioni oniriche al fuoco delle torce possano vagamente ricordare Kusturika o altri cineasti della stessa area, allo spettatore la pellicola rimane impressa per la sua rudimentale essenzialità, fuori da schemi e da scelte stilistiche consuete . Essa racconta il viaggio in Italia di un padre sulle tracce del figlio ,che, andato via da casa, all’improvviso non dà più notizie di sé, vicenda simile a quella di molte altre e sugli schermi e nella cronaca , ma non ha nulla a che vedere né con l’intimismo o con l’algida oggettività tipica del neorealismo di certo cinema europeo e nemmeno con la ridondanza verbale o scenografica di quello a stelle e strisce . Si tratta infatti di un opera patriottica, nel senso più nobile del termine, senza nessuna retorica e ferisce, come un coltello, , chi guarda, perché a fare da discriminante nella scelta di immagini e situazioni è lo sgomento dell’autore-attore , il quale entra di getto nella tragedia di un popolo rimasto privo delle sue radici culturali e ideali. La prospettiva adottata è quella di Nico( lo stesso Burdina) un docente , colto idealista e rimasto senza occupazione, con la sola prospettiva per sopravvivere di vendere le banane al mercato su delle scatole di cartone : la nuova Albania post-comunista getta al macero i suoi cervelli, e innalza al ruolo di classe dirigente persone come l’amico del professore, il vero assassino del figlio, uno scafista volgare e vestito con camicie di seta , circondato da una corte dei miracoli di banditi e prostitute ,addirittura mecenate di intellettuali e candidato alle elezioni . Ma il potere nel paese della Aquile sta anche fuori , a Torino, Italia, per esempio, assume come pseudonimo il nome del figlio di Nico , morto eroicamente per salvare i suoi compatrioti. E sullo sfondo inevitabilmente un far west, molto simile a quello delineato da Amelio nel bellissimo Lamerica, cioè una nazione travolta da una bufera, dove le bande armate vanno a prendersi la merce destinata alla prostituzione nelle aule del liceo mentre si fa lezione, dove gli invitati a un matrimonio ricco mettono le scarpe eleganti su pozzanghere, poiché per strada non c ‘è che polvere e macerie e, un vero pugno allo stomaco, le ville pacchiane e le Mercedes dei neo ricchi. E che resta da fare allora? Alcuni giovani, come il ragazzo delle figlia di Nico, rimangono, fragilissimo baluardo a difesa di quel pochissimo che resta, altri, invece, fanno lo stesso percorso di Nico all’inseguimento del figlio espatriato, attraversano il mare e arrivano in Italia.



Gus, 37 anni, Torino.




Bella storia raccontata male

(5/10) Voto 5di 10

A me il film nn è piaciuto.Lento, a tratti vuoto e un pò tiepidino.A parte le scene "kusturichiane" nn c'è niente del film che emozioni veramente.Poteva essere una bella occasione, poteva essere un bel film (a metà tra il film denuncia e il dramma di un padre alla ricerca del figlio), i numeri c'erano come c'era la storia. Ma è stata raccontata male, nn facendo trapelare nulla (o quasi) del reale dramma che non solo gli albanesi ma tutti coloro che sono costretti ad emigrare dal proprio paese vivono.



Carmelo, 29 anni, Agrigrnto.





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