Kirikù o chi sei tu? Il cartone non è una normale conduzione commerciale per attirare il pubblico infantile, quale storia non è. Il film è la storia di Kirikù che non è il bambino un po’ obeso con molti vizi (come i crudeli e ottimi Simpson), ma un neo-nato, che non ha bisogno di nascere perché venga il tempo in cui la madre lo “decida”, ma lui nasce e parla nella pancia perché nessuno gli ordina quello che “deve” fare. La strega Karabà è lo scopo per cui Kirikù vive: deve sapere perché è cattiva. Nonostante che la “trama sembra infantile, come credo che molti giovani abbiano creduto, e per questo non abbiano visto il film” e con queste parole intendendo che il film dica che noi siamo condizionati dalla bellezza (s)oggettiva e infatti non rinunciamo a questa pure se in cambio ci dessero l’ acqua per vivere, la vita in cui noi dobbiamo possedere perché dobbiamo andare contro la nostra natura, quindi far veder quello che non siamo ma quello che vorremmo essere. Karabà vuole possedere oggetti perché loro possono essere comandati. Noi nascondiamo la nostra vanità, la nostra cattiveria e la nostra insicurezza e bramosia agli altri non sapendo che dopo sarà scoperta. L’ aspetto (s)oggetivo e non la bellezza della vita ci rinchiude in uno stato mentale che non vede oltre la casa della strega (la cattiveria di chi ci costringe a essere limitati , la società) e ogni cosa che ci viene detta dal potere come ne “Il serpente e l’arcobaleno” ci fa temere anche di camminare sulla montagna e non potendo sapere che sopra di essa e che oltre la casa c’ è la sapienza. Kirikù affronterà il labirinto della vita, si travestirà ( far credere quello che uno vuol far guardare) e alla fine salverà il villaggio. I feticci che poi saranno gli uomini catturati, sono l’ oggettività della vita, una vita che non bisogna vivere per il bene della famiglia, non credere che il bambino piccolo, disprezzato solo perché è piccolo e quindi non può essere il salvatore della patria e non può correre veloce e come la strega non può essere buona, ma arrivare alla fine della “cassetta” che è la vita del sogno e delle favola ( noi siamo in una favola e se volete sapere quale è vedete il titolo del film) come persone che amano l’ avere e non il possedere facoltà di se stessi. I colori neri in cui abita la strega sono poi ripresi in Principi e Principesse. Un bambino che non vede il nero e il bianco come nero e bianco, forse daltonico, cerca di sapere il sapere e non sapere quello che il sapere vuole che noi assimiliamo. Storia che appassiona e forse una delle poche favole dove ci sono dei personaggi scuri di pelle buoni.