Un genere cinematografico diventa importante quando cattura le ansie e le preoccupazioni della società. "Ring" è riuscito da solo a rilanciare l'horror alla fine del ventesimo secolo producendo due seguiti, un prequel, un remake coreano e uno hollywoodiano - forse eccessivo ma di successo ( diretto da Gore Verbinski), nonchè influenzando decine di film dello stesso genere. "Ring" riesce anche a cogliere l'atmosfera degli ultimi anni '9o: il diffuso senso di insicurezza, l'angoscia generata dalla rottura del nucleo famigliare, il predominio della tecnologia nella vita.
Rispetto al più famoso "The Ring", l'originale giapponese è nettamente migliore. I Giapponesi in effetti hanno una certa notorietà per gli horror, e Ringu è la dimostrazione. Il film è meno spettacolare ma più compassoto e i ritmi lenti del thriller aggiungono brivido. Naturalemente la trama è quella nota a tutti quindi non aspettatevi innovazioni, nè colpi di scena particolare ma lo stile dell'horror è uno dei più belli mai visti in circolazione.
"Gore Verbinski vai a nasconderti", per chi fosse nato al di fuori del Raccordo. Un piccolo suggerimento per il regista statunitense, decisamente più a suo agio con pirati e mostri marini che con il cinema horror, come dimostra il suo scialbo remake di questo gioiello. Ringu, l'originale, il film che ha aperto una nuova era per il cinema horror del Sol Levante e gli ha garantito una visibilità senza precedenti anche in Occidente (con risultati disastrosi per quanto riguarda i rifacimenti, ma lasciamo perdere). Un'opera che fa scuola sin dalla prima scena: spettri dai lunghi capelli neri, il Male che si annida in oggetti tecnologici d'uso quotidiano, il ritmo lento che permette alla tensione di insinuarsi sotto la pelle, la fotografia stinta e cupa, le musiche dissonanti, le giovani protagoniste terrorizzate e avviate quasi sempre a un triste destino, diventeranno da qui in poi dei topoi dell'horror orientale e di tutto il cinema di paura che ad esso cercherà di ispirarsi. Pochi effetti speciali, niente sangue, tanto terrore. Colpo grosso per l'allora misconosciuto regista Hideo Nakata, che gestisce con mano salda un film teso e secco, ma che sa esplodere, a intervalli irregolari, in agghiaccianti soluzioni visionarie: le immagini della VHS maledetta, le foto sfocate, i volti terrorizzati dei morti, la camminata disumana di Sadako, il suo occhio sporgente che scruta fra le ciocche corvine con odio implacabile, mortale. Il finale della pellicola, dopo 96 minuti di puro godimento orrorifico per palati fini, trova anche il tempo di citare il Terminator di J. Cameron. Film epocale, peccato (so di ripetermi ma non posso farci nulla) per quel fiacco, inutile remake...
Ho letto recentemente che il dvd horror più venduto nella stotia giapponese è "Suspiria", considerato nel paese del Sol Levante il film più terrificante di tutti i tempi. Peccato che, nonostante questo successo, il grande Dario Argento non sia riuscito ad insegnare ai nipponici come fare un vero film di paura. Prova di ciò è "Ringu", pellicola che chiamarla di paura è fargli un complimento immeritato. Non un momento di suspance; non un balzo dalla poltrona in tutta la durata del film; peronaggi ridicoli come la bambinetta fantasma; trama stupida; attori monoespressivi; colonna sonora molto povera. Insomma....una grande schifezza orientale.
Horror giapponese di grande atmosfera, per fortuna molto diverso dai soliti horror americani. E c'è una scena di grande terrore quasi alla fine del film. Da vedere.