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Le nozze

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Vodka, amori e sregolatezze

(6/10) Voto 6di 10

Prendete le accurate descrizioni d’interni e la minuzia del disegno psicologico del miglior teatro di Cechov, dal “Gabbiano” al “Giardino dei Ciliegi”, opere in cui sembra che non accada assolutamente niente, testi che sfidano impavidi le accuse di staticità ed immobilismo e che invece dipingono, con esemplare accuratezza di tratto, microcosmi estremamente variegati; aggiungete la ventata di novità e modernizzazione che drammaturghi più recenti e brillanti (come il Nicolaj Erdman de “Il suicida”, ad esempio) hanno saputo infondere al bagaglio storico della letteratura e cultura russa; condite con qualche tocco di lucida follia alla Eduardo De Filippo; shakerate il tutto con vigore, magari accompagnandolo a tecniche di ripresa verista, caratterizzate dal frequente ricorso al primo piano ed all’uso incrociato della camera a mano, ed otterrete, con buona approssimazione, il nuovo film di Pavel Lunguine “Le nozze” che, premiato a Cannes con un salomonico riconoscimento speciale della giuria all’ensemble degli attori, si affaccia ora, con sprezzo del pericolo ed audacia encomiabile, nel rutilante scenario del Natale cinematografico occidentale.La storia, pur avendo il pregio di affrontare, di riflesso, il problema della difficile transizione verso la modernizzazione di un Paese che ancora convive con una povertà diffusa e che si nutre di poche certezze, non brilla per originalità : la bellissima top-model Tania rientra improvvisamente da Mosca nel povero villaggio di minatori che le diede i natali e, come tanti anni prima a scuola, seduce il suo coetaneo e compagno di giochi Misha, conducendolo all’altare. Tutto il film, quindi, di evidente impianto teatrale, ruota sui preparativi e sullo svolgimento del pranzo di nozze dei due giovani, sulle difficoltà nel reperimento dei fondi necessari per le vettovaglie, sui misteriosi trascorsi da modella della promessa sposa e sulla sua “fruttuosa” relazione con una sorta di boss locale, sulla minaccia di una condanna alla reclusione che pende sul capo dell’ingenuo Misha, reo di essersi affidato ad un conoscente beone per finanziare il dono alla sposa.Quel che importa, però, non è tanto il plot, quanto lo svolgimento, l’esercizio narrativo che Lunguine compie, affidandosi ad un ensemble di attori (alcuni professionisti ed altri reclutati direttamente in loco) di rara maestria, capaci di sbozzare alcune figure in maniera egregia : si pensi allo straordinario corpulento poliziotto, tronfio del suo ruolo di custode dell’ordine pubblico, servile nei confronti dei potenti e smanioso di trasferirsi verso la chimerica Mosca (ma davvero, come si dice esplicitamente nel film, dal famoso grido “a Mosca!” delle “Tre sorelle” di Cechov, nulla è cambiato?); si pensi, ancora, all’animatore ufficiale del pranzo ed al suo volto così “bello”, così squisitamente cinematografico nella sua asimmetria ed irregolarità da sembrare prelevato di peso da qualche film neorealista o dalle pagine di De Filippo (quanti punti di contatto tra la Napoli di De Filippo e Viviani e la Russia di questo film); si pensi, infine, al candore disarmante di Misha od al cinismo calcolatore di suo padre..Intendiamoci, il film è molto diseguale, nel ritmo narrativo come nello sviluppo della storia:il regista ha scelto di insistere troppo su figurazioni stereotipate da cartolina, i balli, i canti e le bevute di vodka abbondano e, francamente, se ne farebbe volentieri a meno, non foss’altro perché sono troppo di maniera e servono solo ad illustrare a dovere il tema della convivenza "necessaria" tra vincitori e vinti; la prima parte del film serve quasi unicamente da introduzione al vero svolgimento e risulta, pertanto, priva di autonomia e, qua e là, tediosa; l’epilogo, con Misha, Tania ed il piccolo avuto dalla precedente relazione che, come nuovo nucleo familiare, si lanciano in motocicletta verso un incerto avvenire, è zuccheroso e piuttosto prevedibile. Tuttavia, il risultato finale è abbastanza gradevole, e le manchevolezze citate finiscono per essere riscattate dalla perizia degli interpreti, capaci di una prova corale che restituisce a dovere l’idea del lungo cammino che ancora deve essere percorso dai nipotini della Grande Madre..



Paolo, 37 anni, Roma.





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