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Ma che colpa abbiamo noi

Opinioni presenti: 60
Media Voto: Media Voto: 6.5 (6.5/10)

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meglio soli che male accompagnati!!

(6/10) Voto 6di 10

La psicoanalista dietro una cattedra!é didattica la psicoanalisi?poco interattiva? non empatica?Forse é giusto non delegare al "guru".Qual'é , però, l'alternativa?il gruppo é rappresentato come l'antitesi della comunicazione...!!e l'individuo se vuole farcela deve trovare le risorse solo dentro se stesso!! questa é la strada maestra che ci indica il film?? ma chi non trova la forza... si suicida come il ciccione bigotto? E' un film che ti lascia ancora più solo in questi tempi di solipsismo esasperato,dove forse l'individuo avrebbe bisogno di riscoprire la solidarietà,la comunicazione e qualche paziente ascoltatore!!! Viva Benigni!!! Lui riesce a non farti sentire solo!!



Paola, 57 anni, Roma (RM).




Meglio parlarne.......delle proprie ansie

(8/10) Voto 8di 10

Trattare nei suoi film le piccole o grandi ansie, le paure, le angoscie, e le nevrosi sono per verdone le situazioni nelle quali meglio riesce a confezionare le sue storie, non trascurando sia la vena comica, a volte amara, sia quella riflessiva. in questo caso, sono i disagi di un gruppo di pazienti in terapia comune a tessere la trama del racconto, che scorre piacevolmente mettendo in risalto gli aspetti di malessere dei vari personaggi. il ritmo dei film è abbastanza costante, come sempre però,nei film di carlo, trovo migliore la prima parte, quasi come sia più semplice per lui raccontare la storia, che confezionarne il finale. piccolo, ma importante insegnamento "non tenersi per se, le proprie ansie" ma parlarne......



Enzo, 49 anni, Pino torinese (TO).




CARINO MA TRISTE ASSAI

(7/10) Voto 7di 10

Il centro della questione trattata dal film non è tanto la psicanalisi (di gruppo e non) quanto il bisogno di relazione e l'incapacità a crearne, oggi così diffusa. Il film non è poi brillante, ma tristissimo nel descrivere assai bene problemi, nevrosi, incapacità ad avere relazioni significative, amorose e no. Non molto credibile proprio il personaggio di verdone, così come quello del ragazzo sano del gruppo. La sceneggiatura presenta poi altre falle o epidosi non approfonditi a sufficienza, come l'incontro di Verdone col figlio 15enne, o ancor di più l'amore finale tra i due ragazzi del gruppo di (auto)analisi. Bravi tutti gli attori, tra tutti la Buy e Catania. Nel complesso si ride poco e molto amaro, riconoscendo le tante debolezze di cui un po' tutti siamo affetti al giorno d'oggi, le incapacità e la voglia disperata di amore e relazione, queste sì ben descritte dal film. Un film comunque da vedere, preferibile a qualunque porcheria americana. Infatti in tutto il film non si vede una pistola, nessuno spara, neanche un cazzotto, macchine incendiate zero e persino poche parolacce. Non è poco. Buon gusto, attenzione al ritratto psicologico, attori molto bravi, sceneggiatura discreta, bravo il regista, non molto convincente nel suo ruolo però. Non andateci però se cercate solo un film da ridere di verdone ! C'è da riflettere e da piangere sulle nostre debolezze, e proprio questo è forse il merito maggiore del film.



Giuseppe, 45 anni, Milano (MI).




Via crucis.....

(2/10) Voto 2di 10

Sentirsi in ....colpa per averlo visto! Un film che forse, senza Verdone (e mi dispiace dirlo perchè è un artista di cui ho molta simpatia), avrebbe avuto più "carattere"... Buone le interpretazioni degli altri attori. Storia lenta e in certi momenti patetica e noiosa.



Filomena, 42 anni, Vinovo (TO).




Aiutati che gli amici ti aiutano

(7/10) Voto 7di 10

"Ma che colpa abbiamo noi" e' un film davvero riuscito, che forse sarebbe riuscito ancor meglio con qualche sottrazione in più; è un lavoro di scultura di otto profili psicologici, che si studiano con piacere nonostante gli inevitabili lieti fini. L’incipit del film è notevole: un gruppo di pazienti è riunito nello studio della loro anziana psicanalista, per la consueta ora settimanale di terapia di gruppo, ma sono talmente presi dal raccontarsi i propri problemi che non si accorgono, in piena seduta, della morte della dottoressa. Sostanzialmente, Verdone (che ha sempre dipinto in modo magistrale le nevrosi nei nostri tempi) vuole finalmente mettersi in discussione comunicando al suo pubblico che tutti possiamo farcela da soli: infatti il film è indirizzato a tutti noi, poiché – per dirla con Freud – chi è “sano”, è noioso… Allora scopriamo che gli incontri, tecnicamente, si riveleranno un fallimento, ma mostreranno la forza, la bellezza e il valore della scelta personale, cioè la presa di decisioni risolutive, che sta a noi, e a noi solo, attuare. Purtroppo Verdone risulta spesso troppo sbrigativo nel dipingere le varie personalità; i protagonisti sono troppi per poter comprendere le cause di tutti i loro malesseri, e ciò rende frammentario lo svolgersi degli eventi, e chiarisce poco il vero profilo psicologico delle persone: di questi conosciamo solo le loro nevrosi e niente di più.



Tiziana, 40 anni, Milano (MI).





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