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Quel che resta del giorno

Opinioni presenti: 30
Media Voto: Media Voto: 9.5 (9.5/10)

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Don Chisciotte e Sancio Panza nell'Inghilterra del Novecento

(9/10) Voto 9di 10

Ivory descrive agli spettatori suoi contemporanei, educati alla democrazia le vicende di un maggiordomo inglese e in secondo piano ma ugualmente importante, del suo padrone e lord negli anni a cavallo fra le due guerre. Due figure legate al passato, a una società aristocratica e militare ormai definitivamente al tramonto. A un diverso piano di lettura del film di Ivory, Mr. Stevens interpretato magistralmente da Hopkins, potrebbe apparire come il fedelissimo aiutante di campo e scudiero del suo aristocratico e anacronistico lord impegnato a combattere lealmente degli ambigui e astuti nemici. Mr. Stevens dirige la tenuta di Darlington Hill con un efficienza più adeguata a una caserma militare che a un palazzo privato. Entrambi i personaggi sono eroicamente coerenti con i propri rispettivi ruoli di maggiordomo e di aristocratico di rango effettivo, ovvero un importante uomo politico, al punto che appaiono agli occhi di chi gli osserva legati - più che a una professione nel significato moderno del termine ( “dilettanti della politica” gli aveva definiti il delegato americano) - ad una missione, o meglio, a un’investitura divina del tutto improbabile nell’epoca laica e borghese nella quale devono agire. La grande dignità dei due personaggi non viene scalfita neppure dalla sorte avversa che, indifferente alla loro eroica purezza, li pone con infamia tra i perdenti. Il suicidio del lord placa l’onta del disonore ma ne rende manifesta la patetica ingenuità. Al contrario, il maggiordomo, non meno ingenuo del suo signore, appare infine riscattato proprio da quel ruolo di leale subalterno così tenacemente perpetrato e difeso persino dagli attacchi della passione d’amore. E’ il dovere il vero e unico scopo dell’esistenza dell’impeccabile Mr. S. e sotto questo aspetto egli è senza ombra di dubbio un vincente.



Carla, 48 anni, Bari (BA).




Perfetto

(10/10) Voto 10di 10

Uno dei migliori film degli ultimi 20 anni. Quando il cinema parla la cuore senza scadere nel sentimentalismo da fiction TV. C'è poco da dire.



Mariano, 46 anni, Roma.




Sogno e poesia

(10/10) Voto 10di 10

È un film che potrebbe essere considerato, a ragione, lungo, ma quando appaiono i titoli di coda, ti chiedi perché sia già finito e probabilmente, se visto al cinema, ti chiedi se fosse veramente necessaria la pausa. Non so cosa sia meglio in questo film: la regia, la sceneggiatura, la fotografia, la storia, tutto è magnifico Di sicuro le interpretazioni di Hopkins e Thompson sono capolavori di recitazione, tanto da chiedersi se dietro Mr. Stevens e Miss Kenton non ci siano i veri personaggi anziché attori. Le mie origini sono indissolubilmente legate all'ambiente lacuale e, come tutti quelli nati e cresciuti vicino al lago, amo quelle atmosfere morbide, malinconiche e grigie (ma che nascondono, solo, colori meravigliosi) che si possono apprezzare in autunno e che in questo film si possono ritrovare non solo come ambientazione, ma come vita, come racconto. È poesia che si racchiude su se stessa tanto da farla sembrare un sogno, un bellissimo sogno. Non ricordo di aver visto questo film in programmazione nei cinema, non ricordo di averlo visto passare nelle varie televisioni, ma si meriterebbe ben altro successo di quello spesso tributato a certi film di scarso spessore che vengono programmati più volte nelle televisioni italiane ed estere. Meglio così, probabilmente. Certi capolavori sono conosciuti solo da poche persone in grado di coglierne il grande valore. Un film che non può assolutamente mancare nelle collezioni degli amanti del cinema.



Gian Piero, 45 anni, Lugano (estero).




Hopkins..un'interpretazione che supera quella del dr.lecter

(10/10) Voto 10di 10

"Storia di un breve incontro fissato vent'anni dopo, 'Quel che resta del giorno' è un film sulla solitudine che nasce dall'insensibilità, sulla repressione dei sentimenti e sulla mortificazione della vita. James Ivory è un regista che sa andare oltre l'eleganza delle forme e il virtuosismo stilistico. Esaurita la scorta dei romanzi di Edward M. Forster ('Camera con vista', 'Casa Howard'), ha saputo interpretare le pagine di Kazuo Ishiguro restituendone lo spirito sottile forbito, delicatamente ma implacabilmente graffiante." (Enzo Natta, 'Famiglia Cristiana', 23 marzo 1994) "In 'Quel che resta del giorno' il regista americano più britannico che ci sia non assume certamente il punto di vista marxiano de 'Il servo' di Joseph Losey, purtuttavia è in grado di erigere un non trascurabile (e apparentemente impercettibile) edificio di perversioni emotive, di trasgressioni della percezione e di maniacalità del décor che costituiscono l'anima opaca (e segreta) del suo cinema. L'imperturbabilità gigionesca di Anthony Hopkins aderisce alla superficie delle immagini come una pellicola impermeabile rendendo il film - se possibile ancora più britannico. Meno onorevoli alcuni personaggi (e situazioni) di contorno: la delegazione nazitedesca, ad esempio, è costruita su clichè commerciali francamente disonorevoli." (Fabio Bo, 'Vivilcinema') "In bilico tra illustre passato e incerto presente 'Quel che resta del giorno' racconta sostanzialmente una tragedia dell'inespresso: quest'uomo mangiato vivo dal proprio 'Super Io' è un monumento all'ipocrisia inconsapevole, un disgraziato che mitizza il suo ruolo al fianco di un padrone filotedesco e molto cretino per immolarsi sull'altare di un malinteso concetto di dignità. Impeccabile cerimonioso maniacale ma anche incapace di esprimere qualsivoglia sentimento al punto di trascurare l'occasione sentimentale della sua vita. Inutile dire che Anthony Hopkins candidato all'Oscar insieme a Emma Thompson regala al personaggio un'altra delle sue mostruose performance intessute di finezze microgestuali. Affascinato dal mondo tardo-vittoriano, misfatti compresi, Ivory si conferma il più ispirato illustratore di una upper class pomposa e formalista che forse non è mai morta. Ma come si diceva da Berlino la vita vera dell'Inghilterra palpita altrove: nei film di Loach e Leigh in quel cinema duro e umanissimo che non si specchia in una tazza di tè."



Michele, 45 anni, Foggia.




Dolcezza infinita

(9/10) Voto 9di 10

Raffinatezza nello stile, ma soprattutto nei sentimenti. Malinconia da vivere per capire molto sul significato della vita. Il finale inaspettato evita colpi di scena, ma consente di continuare a vedere il film ancora dopo i titoli di coda. Capolavoro!



Valerio, 44 anni, Avellino.





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