Horror tosto vecchio stile,quindi raggiunge lo scopo di "terrorizzare",ma manca il malsano profumo ottocentesco tipico dei grandiosi macabri racconti del grande Poe!Ad ogni modo tali omaggi allo scrittore sono diciamo ben riusciti,infatti il senso di angoscia è riprodotto bene.Le aggiunte argentiane nel finale danno supsance anche a chi avesse già letto il racconto (ed è un bene),ma il primo episodio di Romero è a mio parere nettamente superiore in quanto non solo trasuda meglio la follia del contesto generale (e rende meglio l'idea del raccapricciante ed allucinante come fece Edgar Allan),ma è anche meglio confezionato.
Accanto ai registi,vi è anche un grande Harvey Keitel,come sempre!
Mi sono scaricato e visto solo il secondo episodio. E' ben fatto, Argento dei bei tempi e rende omaggio al bellissimo libro di Poe, a cui, sinceramente, avrei dedicato un film "intero" e non un episodio di 55 minuti.
Le scene clou sono veramente di effetto, specialmente quella finale.
Questo film non sara' un capolavoro, ma comunque
non e' niente male, anzi e' stato molto sottovalutato
e purtroppo penalizzato dall' episodio di Romero,
certamente molto piu' scialbo rispetto a quello di
Argento.
Vorrei comunque ricordare a chi elogia esageratamente
questo film, di darsi una letta ai racconti originali
del genio E.A.Poe e quindi capire il perche' di tante
scene cosi' ispirate.
Va comunque detto che Argento riesce ad imprimere
un tocco originale alla vicenda, e ci sono delle scene
veramente visionarie, come quella dell' incubo.
Un film che andrebbe in tutti i casi riscoperto, e che
(come Daniele), consiglio a tutti gli amanti del genere
horror (quello vero).
L'episodio argentiano è ispirato alla famosa novella "Il gatto nero", pur non disdegnando un inizio alla "Il pozzo e e il pendolo" e nomi di persone tratti dalla dinastia Usher ecc. Purtoppo, il gioco sembra puro citazionismo, come se, al non riuscire nell'omaggio di ricreare l'incedere paranoico originale, si sia sostituito un omaggio gnoseologico; per poi ovviamente virare bruscamente negli squarci di violenza assai indugiante nel dolore a cui Dario ci ha abituati già da "Il gatto a nove code". Almeno manca l'altro grande suo topos preannunciato anche quello da uno dei suoi primi film ("L'uccello dalle piume di cristallo"), ovvero le scene farlocche che si srotolano a cinque minuti dalla fine.