Su tutto la partecipazione del professor Fiorito, ormai stanco della scuola e di tutto ciò che la circonda. Brava come sempre la Buy, anche se non si capisce perché si sia presa a cuore quel ragazzino; sufficiente anche Scamarcio, cui per fortuna non fanno fare solo ruoli di sex-symbol quando sex non lo è, nè tantomeno symbol. Dura la vita dell'insegnante, specie con chi se ne frega altamente, genitori inclusi.
Film ambientato nel mondo della scuola con tre storie diverse...il film è piacevole, le storie interessanti e il tocco in più è dato dall'interpretazione del cinico professore, che ha perso la passione dell'insegnamento, di Roberto Herlitzka
L’errore, quello una volta “snidato” sul foglio con il vecchio matitone rosso e blu degli insegnanti, è al centro di questo nuovo film sulla scuola, guardata con affetto, con adesione, con punte di pessimismo. Era facile, data la lunga tradizione del cinema sull’argomento, cadere nel luogo comune o nella retorica, ma Piccioni trova un modo suo di posarvi lo sguardo, che lo identifica rispetto anche ad altre prove recenti (vedi La classe di Cantet o Monsieur Lazhar di Falardeau). Detto questo, non si pensi a un racconto che scorra liscio e senza sbavature; queste ultime ci sono, insieme a momenti e personaggi poco credibili o addirittura inconsistenti, quasi delle figurine. Eppure, via via che i fatti si dipanano, l’attenzione su quest’opera dal fiacco mordente finisce col fissarsi dove deve, sull’errore appunto, che non rimane tale se si ha la forza e la tenacia di ammetterlo, anzitutto a se stessi, per poi superarlo. Tale atteggiamento è importante per gli adolescenti e ancor più per gli adulti del film, che non vogliono essere ingabbiati in un copione immobile e noioso, ripetitivo e inutile. Il microcosmo di una classe, più due insegnanti più la preside, risulta frammentario e non corale, perché l’amalgama si raggiunge solo alla fine, non si sa bene per quali vie. Eppure una visione d’insieme c’è, perché l’autore concede a tutti la funzione salvifica dello sbaglio, più o meno grave, che porta però al cambiamento. Quello che va cambiando fuori, si capisce senza sociologismi; quello che muta negli insegnanti e nella preside asettica, che non vuole esser coinvolta più di tanto, fa comprendere che, nonostante l’odore di sfascio, la scuola c’è e rimane importante. Non quindi un punto di vista problematico, ma sentimentale: quello di chi ci credeva (il vecchio insegnante demotivato e spiazzato dal riemergere di una sua ex-alunna), quello di chi ci crede (il giovane insegnante che vuole imparare); quello di chi, pur tenendosi ai margini (la preside) non riesce a rispettare del tutto il suo precetto di vita (“niente figli a animali”). Per quanto riguarda gli allievi, c’è quello che si lascia trascinare da un amore sbagliato, l’altro troppo pigro, chi non si presenta per quello che realmente è, ma tutti sono nel tempo delle attese e Piccioni guarda ognuno con attenzione, ma senza tratteggiarne la storia, tranne per due o tre. Evitato lo scoglio di un eccesso di malinconico sentimentalismo (specialmente nell’insegnante anziano), il regista ci offre un film onesto, supportato dalla supervisione di Marco Lodoli, autore del libro cui il film si ispira, e dalle interpretazioni da manuale di Roberto Herlitzka, bravissimo e ricercato attore del momento, e Margherita Buy, che interpreta con partecipazione il suo cambiamento da preside anaffettiva a madre sostitutiva dell’allievo malato di solitudine. Meno incisiva la prova di Scamarcio, scarsamente espressivo, nonostante gli occhioni verdi, e rigido là dove sarebbe necessaria maggiore fluidità.