Già dalla prima sequenza capisco che ho davanti qualcosa che reclamerà da me condivisione di un dolore. C’è un ragazzino di origine medio-orientale in una stanza insieme ad altri, dei militari li rapano a zero; poi la macchina inquadra un particolare dei talloni e un primo piano degli occhi del bimbo, tristissimi e interrogativi, che mi guardano fissi e in silenzio. Solo alla fine ho capito chi era il titolare di quello sguardo ferito: il vero protagonista “nascosto” del film. Nel frattempo Denis Villeneuve, il regista canadese interessante e già bravissimo dopo il primo lavoro (Polytechnique), svolge la sua narrazione su due percorsi paralleli di vita, con una durezza, linearità e tensione crescente che rende l’opera perfetta nel montaggio e nella concatenazione dei fatti. Sembra di essere alle prese con una tragedia greca, con una fortissima carica accusatoria nei confronti di ogni conflitto e in particolare verso quelli alimentati dal fanatismo religioso, per cui una croce appesa al collo può perderti o salvarti. Due eroine al centro della narrazione con visi intensi, non ordinari. Non si sa chi è la più bella, sono madre e figlia ed entrambe compiono un viaggio a ritroso, la madre nel suo passato, la figlia nei luoghi dove dovrà rintracciare un padre mai visto e un fratello altrettanto sconosciuto. La donna è arrivata in Canada dopo una vita segnata dalla guerra e dalle violenze subite ed arrecate e si è allontanata dalle pietre e dai monti del Libano portandosi dietro un segreto terribile. Ha due figli gemelli, un maschio e una femmina, e nella nuova patria lavora presso un notaio. Alla sua morte, provocata da un evento a cui non ha resistito, “la donna che canta” lascia due lettere ai figli chiedendo loro di ricercar il padre ancora vivo e un fratello di cui ignorano l’esistenza. La giovane Jeanne si reca perciò nei luoghi ove la madre è vissuta e ricostruisce prima da sola, poi con l’aiuto del gemello Simon, tutta la storia di violenze inaudite che hanno caratterizzato la vita della madre , vittima e protagonista della lacerante guerra civile tra cristiani arabi e musulmani che avevano dilaniato il suo paese. Il film adattamento di un testo teatrale, ha una tale forza e un così alto livello di struggente poesia che ne risulta un’opera originalissima. Il colpo di scena finale arriva con una escalation che conosce dramma, scelte difficilissime, ma anche momenti di dolcezza. Niente è superfluo nel racconto, né a livello di immagine né di parola. Lo spettatore diventa un coprotagonista perché le emozioni hanno lo stesso spessore della verità che viene alla luce. Solo la speranza di catarsi che si intravede nella conclusione spezza la lucida tensione del racconto. Tra gli interpreti le due donne Lubna Azabal e Mélissa Désormeaux-Poulin giocano la parte del leone e ribadiscono il rifiuto della guerra da sempre rigettata dall’universo femminile.
Una sintesi perfetta di ciò che significa l'assurdità delle guerre e dei conflitti umani. Mai noioso, violento senza quasi mostrare la violenza. Commovente senza essere lacrimevole. Perfetto nella sua conclusione, con le lettere ai gemelli, al padre e al figlio, che ridanno fiducia nell'intelligenza dell'essere umano. Do nove solo perché la perfezione al mondo non esiste, ma è di sicuro uno dei migliori film che abbia mai visto. Peccato che in pochi lo conoscano.
L'assurdità della guerra e dei conflitti umani descritta quasi senza violenza visivamente espressa, ma profondamente percepita (non è splatter, per intenderci). Commovente senza cadere nella banalità del lacrimoso. Il finale delle lettere al figlio, al padre ed ai gemelli è una conclusione meravigliosa. Attori completamente nella parte. Do nove solo perché la perfezione non esiste
Quando ho letto l'opinione in cui si scrive che è bene che molte parti del film siano state lasciate in lingua originale, ho compreso che la mia scelta di vedere il film DIRETTAMENTE in lingua originale con sottotitoli in italiano (passi per francese e inglese ma io non capisco l'arabo) è stata saggia. Nel film si passa con naturalezza dal francese all'inglese all'arabo mentre il susseguirsi di eventi terribili, accompagnati da una colonna sonora a tratti struggente, ricorda allo spettatore, se mai ve ne fosse bisogno, che le guerre di religione sono l'evento più spaventoso che possa esistere. Eppure, malgrado l'infinito dolore che causa ogni guerra, l'uomo non è capace di farne a meno. Un Sacerdote che conoscevo mi disse che affinchè NEL MONDO VI SIA LA PACE dobbiamo imparare a vivere in armonia nella coppia, nella famiglia, nel condominio, nel quartiere, nella città, nella nazione: allora iniziamo col COSTRUIRE LA PACE IN CASA.
Siamo abituati da anni giustamente a vedere e rivedere quello che il popolo ebraico ha dovuto subire,un orrore.Detto ciò,vedendo questo film,mi ha fatto anche molto male aver visto,le comunità cristiane non ebraiche,in cisgiordania,massacrarsi tra di loro in una lotta intestina dovuta esclusivamente a motivi religiosi,cmq come nel film si dice in una scena,se in passato ci fosse stato un imparziale notaio per l'assegnazione delle terre,facendo passare in secondo luogo le assegnazioni delle tavole sacre forse ci sarebbe stata meno violenza e crudeltà tra palestinesi musulmani e quelli cristiani,figuriamoci,come si sarebbero loro malgrado adeguate anche loro in maniera civile,coloro che occupano la terra di israele,Pura fantasia ma che darei pur di non assistere agli scempi visti nel film e che la cronaca ci consegna quasi tutti i giorni da decenni,FILMONE DAVVERO!
Trailer italiano (it) per Succede anche nelle migliori famiglie (2024), un film di Alessandro Siani con Alessandro Siani, Cristiana Capotondi, Euridice Axen.