L'idea del ritorno non è male,ma non capisco come mai si possa fare un film con evidenti gravi lacune linguistiche.Essendo siciliano mi è sembrato di assistere a dei dialoghi cartone-animato. Mi meraviglio che si siano lasciati certi obrobri linguistici e certi slang che vi assicuro non esistono (sono Siciliano e non parla nessuno qui così!).Mi meraviglio ancor di più che nessuno dei presenti nel cast sia intervenuto quanto meno a correggere,mi riferisco al bravo Luigi Maria Burruano che fa la parte del giudice ed è Palermitano DoC. Bova pronuncia al telefono a Lo verso "U Capiscisti"?? ma che lingua è?Non certo dialetto siciliano.E poi basta copiare gli action americani ne siamo poco capaci.Salvo solo Giannini che è sempre un grande,ma avendo egli stesso girato film americani..vedi Man on Fire col grande Denzel un pregevole tocco o un paio di consigli poteva apportarli.Non mi è piaciuto,e poi basta con questi attori da fiction..mettete facce nuove!!!
Squallida americanata made in Italy con poliziotti che si mettono a fare sparatorie in locali pieni di gente, cattivi che sembrano usciti da Matrix e una marea di luoghi comuni sulla Sicilia e i suoi abitanti, ridicola la scena finale con i villici (almeno così vengono rappresentati) intorno al cattivo Scalia. Il tutto infarcito di una serie di spot, più o meno occulti degli sponsor di turno. Ormai anche un attore dotato come Raoul Bova si è venduto al trash imperante
"Milano-Palermo Il ritorno" non ha nulla di televisivo per il semplice fatto che non si sarebbe mai potuta realizzare in tv una storia come questa, dove senza censura televisiva si va finalmente oltre in ogni senso. In totale disaccordo con lei, che forse non vede mai le fiction televisive, spesso puerili, melense e troppo familiari. Qui si palpita con i protagonisti, si sta con loro sullo schermo dall'inizio alla fine. Hanno una vita ben raccontata con problematiche e passioni come le nostre. Vivono di rapporti umani veri e lanciano un messaggio contro la mafia semplice e diretto, senza fare lezioni di storia. Sosteniamo chi sa fare cinema per il cinema e basta con queste provinciali distinsioni sugli attori televisi solo italiana. Noi pubblico, questo sconosciuto per voi critici, vogliamo un cinema così e se gli altri film italiani vanno male è perchè ci annoiano e non comunicano mai nessuna emozione a parte casi rarissimi.
Dopo aver scontato undici anni di detenzione il pentito, ragioniere della mafia Turi Leofonte (Giancarlo Giannini) si prepara per raggiungere l’ultima destinazione all’estero, dove assumerà una nuova identità, ma il figlio del boss morto in carcere, Rocco Scalia (Enrico Lo Verso) divenuto il nuovo capo della famiglia, è deciso a farlo fuori, ma non prima di aver recuperato il denaro sottratto al padre e ora custodito dal pentito in diversi paradisi fiscali all’estero, a tal proposito gli rapiscono il nipotino, portandolo in Sicilia.
Sarà compito della squadra del Questore Aggiunto Nino Veneziano (Raoul Bova) e dell’affiatato Ispettore Superiore Remo Matteotti (Ricky Memphis) recuperare il bambino e proteggere il pentito e la figlia (Romina Mondello) dai sanguinari mafiosi.
In questo film, sequel di Palermo Milano, “solo andata”(o così prometteva il titolo) Claudio Fragasso mette in scena un viaggio di ritorno verso la Sicilia con pause durante il percorso, ricche di sparatorie e inseguimenti, come quella che avviene alle Terme di Montecatini, al limite del reale. I novantacinque minuti del film, pur se con una trama piuttosto semplice, scorrono in fretta, le scene risultano cariche di tensione, con primi piani sui volti dei bravi protagonisti e panoramiche circolari, sottolineate dalla colonna sonora di Pino Dosaggio con la voce di Poesia Barbara.
Nella fase finale il lungometraggio assume connotati western, come nella camminata del gruppo di poliziotti che avanzano imperterriti sulla polverosa strada in mezzo alle aride campagne siciliane, verso la resa dei conti, con tanto di cavalli che appaiono inaspettatamente sul ciglio delle colline e con gli abitanti pronti ad unirsi alla legge, mentre l’ultima inquadratura sullo sguardo del bambino sembra annunciare una continua.
Il film è un puro prodotto di intrattenimento, ben fatto ma carente di contenuti culturali veri e propri, se non nell’auspicio della scena finale del popolo che unanime si schiera contro il male, ma che sembra aspettare lo spunto giusto per farlo (l’arrivo dei poliziotti) visto che il male è sempre stato in mezzo a loro. Il personaggio della donna siciliana che tiene in ostaggio il bambino, appare, a causa di una caratterizzazione estrema, quasi finto, se non caricaturale, così come stereotipati e poco realistici sono i costumi dei poliziotti e soprattutto dei mafiosi; ma se questo può aumentare lo spettacolo della pellicola, che ben venga allora, dall’altronde meglio un film “costruito” ma che si lascia guardare, piuttosto che uno eccessivamente realistico e nozionistico che allontana il pubblico dalle sale.
Semplicemente imbarazzante!
E' l'unico commento che questo film merita: è davvero triste il modo in cui certo cinema italiano voglia prendersi gioco dello spettatore, considerandolo un povero decerebrato.
Niente a che vedere con il primo film (che almeno aveva una storia che giustificava fughe e sparatorie), ma neanche, e purtroppo, con alcune fiction televisive, che, a confronto di questo film, appaiono come opere di Bergman.
Dovremmmo richiedere i soldi indietro!