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Autore La storia di Eleonora
quentin84

Reg.: 20 Lug 2006
Messaggi: 3011
Da: agliana (PT)
Inviato: 04-08-2009 11:16  
Il quotidiano L'Unità pubblica oggi la lettera di una donna di nome Eleonora Guerini che racconta la sua decisione consapevole e meditata di abortire con il metodo farmacologico (pillola Ru486) smentendo molti luoghi comuni clericali che parlano di "banalizzazione dell'aborto".

Io mi sento di dire questo: viva la libera scelta, viva la maternità quando è frutto di una scelta libera e consapevole, viva gli uomini e le donne padroni del proprio corpo e del proprio destino e liberi dalla paura e dall'oscurantismo religioso.

http://www.unita.it/news/interni/87061/la_storia_di_e_ho_abortito_con_la_pillola_ru

La storia di E: "Ho abortito con la pillola Ru486"

di Eleonora Guerini

La teorizzazione della vita, di quella vissuta intendo, mi è sempre sembrata nefasta. Un uomo che parla di aborto è un ossimoro e un insulto all’intelligenza. Quella vera, che passa tra le maglie del sentire. Un uomo che crede di poter stabilire cosa è giusto e cosa non lo è parlando di aborto è un uomo che vive nella presunzione di sapere ciò che invece solo la compassione, che richiede il tentativo di comprendere e non di giudicare, permette. Un uomo che conduce una guerra. Una guerra definita culturale contro l’aborto e che invece è la guerra dell’uomo contro la donna, contro la libertà di poter scegliere. Contro la maternità come scelta d’amore e non come imposizione culturale.

«Il piacere sessuale scardinato da qualunque amore» di cui parla Ferrara sul Foglio di ieri mi sembra, oltre che una banale adesione al più misero dei moralismi, qualcosa che ha storicamente più a che fare con gli uomini che con le donne. Essendo un maschio, «il godimento libertino» di cui scrive non ha certo quell’accento così violentemente accusatorio che tocca a noi femmine, in fondo un po’ puttane.

Ho 36 anni, vivo a Roma, e tre anni fa, nel marzo del 2006, ho abortito utilizzando la RU486. Ho avuto il mio primo rapporto sessuale a 16 anni. Fino a 25 anni, quando con il mio compagno abbiamo deciso di avere un figlio, ho fatto molto l’amore, a volte per amore, a volte per piacere, convinta che il piacere debba far parte della nostra vita. Non sono rimasta incinta prima perché sono responsabile e ho sempre usato la pillola. Fino a quando, per problemi ormonali, non ho più potuto. Dopo un calvario che mi ha costretta a sperimentare diversi metodi anticoncezionali sono approdata al meno invasivo, per niente sicuro, ma tanto caldeggiato dalla Chiesa, «Persona». Sono rimasta incinta.

Avevo 33 anni. E per quanto amassi l’uomo con cui avevo una relazione non pensavo che avere un secondo figlio con lui fosse una cosa giusta. Perché non basta l’amore tra due persone per fare un figlio. Perché un figlio è una scelta di vita, una scelta d’amore. Condivisa e voluta. Perché con un figlio la tua vita cambia e il cambiamento deve essere sorretto da una decisione ferma, consapevole, d’amore. Non dalla retorica del diritto alla vita. Perché senza amore poi non è vita. Perché la maternità è una condizione totalizzante che non può essere il frutto di uno sbaglio. Ma l’essere umano, non certo Ferrara, sbaglia. E di fronte allo sbaglio bisogna avere la forza e il coraggio di prendere una decisione che tenga conto di tutti i fattori.

Si può amare un uomo e pensare che non sarebbe il padre che vorresti per i tuoi figli. E si può decidere che un figlio, con quell’uomo, non lo si vuole avere. Così è stato per me. Quando ho capito di essere incinta ero alla quinta settimana. Un amico di Torino mi suggerì di telefonare a Viale, alle Molinette di Torino, dove era in corso la sperimentazione sulla Ru486. Gli raccontai l’accaduto, gli dissi che un figlio frutto di «Persona» non lo volevo, che non volevo soffrire più a lungo, inutilmente, che pensavo di avere diritto alla vita. La mia di vita. Che non potevo sopportare l’idea di vomitare per due mesi senza una giusta ragione. Che non volevo odiare il mio compagno, responsabile quanto me eppure non interessato, nei fatti, praticamente, dalle conseguenze.

Mi ascoltò. Mi disse «prenda il primo aereo. Vediamo di quante settimane è». Presi l’aereo il giorno dopo. Ero nei tempi e Viale accettò una richiesta che mi resi conto si sommava a tante, tantissime altre. Quell’uomo capì il mio dolore e decise di aiutarmi a soffrire di meno. Di certo non a non soffrire perché abortire è una sofferenza. Ma fece sì che la mia sofferenza non si prolungasse per altre settimane, inutilmente. Tornai a Roma il giorno dopo e la settimana successiva di nuovo ero a Torino.

Arrivai prestissimo alle Molinette, mi diedero una pastiglia, mi chiesero se preferissi restare per la notte in ospedale. Firmai per uscire. Poco distante mi aspettava una casa amica dove passare quelle ore infernali. E diversi numeri di telefono da chiamare per eventuali complicazioni. Non ci furono complicazioni. Non ce n’è quasi mai, di certo non più che in un aborto chirurgico. Ma non è stata una passeggiata. Un senso di greve malessere, una nausea incalzante, un mal di testa incessante, implacabile. Se bisognava pagare per aver scelto di non fare nascere un bambino non voluto io dico che ho pagato il giusto.

Il giorno dopo sono tornata in ospedale. Mi è stata data un’altra pillola e mi hanno messo a letto. Dopo qualche ora tutto era finito. Per un attimo mi è sembrato che anche l’Italia fosse un paese civile. Ma è stato breve. Di civile lì c’erano Viale e la sua equipe, accolti da una città laica che ogni tanto ricorda di avere un’anima sabauda. Sono tornata a Torino altre due volte, per i controlli, uno dei quali obbligatori, che la procedura prevede. Non è stata una passeggiata, mi sono accorta di tutto quello che accadeva e non è stato per niente piacevole. Ma sono contenta di averlo fatto e di averlo fatto lì, sostenuta da intelligenza e competenza. E da vera compassione.

[ Questo messaggio è stato modificato da: quentin84 il 04-08-2009 alle 11:23 ]

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Hamish

Reg.: 21 Mag 2004
Messaggi: 8354
Da: Marigliano (NA)
Inviato: 04-08-2009 11:35  
Non ho letto la lettera, ma dico la mia sulla questione.

Dal momento che l'aborto è legale in Italia non vedo perchè non debbano essere adoperate le tecniche meno dolorose e meno invasive possibili per la donna. Mi pare una cosa di una logicità disarmante e che smonta ogni possibile questione.

Qual è il senso dell'opposizione a questa pillola? Dire alla donna, ok puoi abortire a patto che alla sofferenza psicologica tu aggiunga anche un intervento invasivo e la conseguente sofferenza fisica? Bah, roba da matti. Roba da talebani.

Poi è chiaro che non trattandosi di zigulì debbano essere date sotto stretta sorveglianza medica, magari solo in ospedale, però opporsi in tutto è per tutto è folle.

Piuttosto si chiedessero perchè una donna è spesso costretta ad abortire. Se sei una donna sola o sei una lavoratrice precaria l'aborto è spesso un fatto naturale. Lo stato non ti assiste e non ti aiuta per niente. Cosa si ha da offrire ad un figlio, una vita di stenti e sofferenze?

Si chiedessero quanto costano gli asili nido e se la legge Biagi è una legge che va pro o contro la maternità. Sì chiedessero se non sia il caso di fare una campagna in favore dei contraccettivi per contrastare malattie e gravidanze indesiderate piuttosto di dire di no a tutto.

La cosa che mi dà più fastidio è che spesso descrivano la scelta di abortire come un capriccio. Come se la donna assatanata di sesso pensasse "scopiamo pure senza preservativo, tanto al limite mi prendo la pilloletta e via".

Non essendo donna non posso parlare con cognizione di causa, però penso che per ogni donna l'aborto in qualsiasi forma avvenga sia un evento doloroso e destinato a lasciare un segno e in ogni caso non sia mai una scelta facile.

Poi è chiaro che tutti sono a favore della vita, a tutti fa piacere vedere una coppia che decide di portare avanti una gravidanza, a tutti piacciono i neonati. Ma ognuno deve essere libero di fare le sue scelte senza sentirsi giudicato da una banda di ipocriti, soprattutto quando questi ipocriti vogliono prendere decisioni sulla tua pelle e sul tuo corpo.
_________________
IO DIFENDO LA COSTITUZIONE. FIRMATE.

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nboidesign

Reg.: 18 Feb 2006
Messaggi: 4789
Da: Quartu Sant'Elena (CA)
Inviato: 04-08-2009 11:55  
aggiungo una chiave di lettura proposta da S. Giglioli che mi trova completamente d'accordo

http://gilioli.blogautore.espresso.repubblica.it/2009/08/01/purche-ci-sia-dolore/


Purché ci sia dolore

I famosi “paletti” che il governo italiano vuole porre alla pillola Ru486 hanno un solo scopo: impedire che la donna abortisca senza dolore.

Scavalcato, grazie a questa pillola, il dolore fisico del raschiamento, si cerca di imporre almeno il disagio psicologico di dover andare in un ospedale, farsi ricoverare per tre giorni (cosa totalmente inutile dal punto di vista medico) e di doversi anche sottoporre alla compilazione di un test, ovviamente in ospedale - davanti a sconosciuti - e non dal tuo ginecologo.

Il messaggio è molto semplice, nella sua crudeltà: stai peccando - interrompendo la gravidanza - quindi devi espiare, e non c’è espiazione senza sofferenza.

Mai come adesso Berlusconi ha bisogno di riavvicinarsi alla Chiesa cattolica, quindi i “paletti” passeranno: e resterà un sogno per le donne italiane fare come fanno quelle francesi da vent’anni, cioè andare dal proprio ginecologo e farsi dare da lui o lei la pillola, per poi interrompere la gravidanza tra le mura familiari di casa propria.

Decine di migliaia di donne in Italia saranno costrette a pagare con questa farsesca trafila le notti di Berlusconi con Patrizia, Barbara, Noemi e le altre.

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