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Autore Dietro le linee nemiche: un po' banale e stereotipato ma...
expander

Reg.: 03 Ott 2002
Messaggi: 3
Da: Chioggia (VE)
Inviato: 03-10-2002 11:37  
Cosa dire di questo film?
Che non si scosta molto dalla media di quanto, in questi ultimi anni, Hollywood ci ha proposto sul tema conflitti / crisi internazionali e piu’ in generale di attacco all'America.
Perche' e' proprio di questo che si tratta.
La crisi dei Balcani e' solo un pretesto; un pretesto per raccontarci di come l'America, attaccata, fa quadrato attorno a se ed e' disposta, anche contro le direttive dei propri alleati Nato, a fare tutto il possibile (ma in questo caso e' proprio il caso di dire l'impossibile), per salvare la vita di un suo pilota nel motto: uno per tutti, tutti per uno.
Perche’ per salvare la vita di un uomo (il pilota abbattuto) si e’ disposti a mette in pericolo quella di altri uomini (la squadra di soccorso).
Ma non solo: per salvare la vita di un pilota si rischia di compromettere un delicatissimo trattato di pace che portera' finalmente speranza ad un popolo martoriato dalla piu' terribile delle guerre civili dei nostri giorni, dove si e' visto il vicino di casa diventare il proprio carnefice e il carnefice a sua volta la vittima in un allucinante ribaltarsi dei ruoli determinato dalla scoperta di massacri, campi di concentramento, fosse comuni appartenute ad una o all'altra fazione.
E questo film, per un attimo, sembra riuscirci, sembra quasi riuscire a farci capire che gli americani non possono, in questo caso, muoversi nel loro solito modo, secondo la regola del bene e del male, del buono e del cattivo, perche' nei Balcani tutti sono stati cattivi, tutti sono stati buoni.
Non puo' pretendere di salvare un proprio pilota mettendo a repentaglio la pace di un'area che ne ha bisogno in maniera assoluta e dove gli stereotipi non sono piu' applicabili, dove il male e il bene si sono dissolti nella piu’ completa, totale disperazione.
Sembra per un attimo riuscirci, il film, a farci capire come la forza multinazionale Nato ha a cuore la pace, a qualsiasi costo e che l’America, per una volta, sta sbagliando.
Ma l'illusione dura poco perche' si sa, la morale deve essere sempre quella dell'America che ha sempre ragione e fa sempre un po' come gli pare.
E dopo un certo punto il film, da interessante, diventa banale e scontato sfociando, nella parte finale del salvataggio, nel ridicolo.
Peccato perche' gli interpreti ci sarebbero stati anche se Hackman non dovrebbe piu' prestarsi al ruolo banale e stereotipato del comandante (Allarme Rosso) o, in questo caso, dell'Ammiraglio incazzato.
Ma se in Allarme Rosso di Tony Scott, il ruolo paranoico del comandante era congeniale e funzionale a quello lucido e cosciente del secondo ufficiale Denzel Washington, in questo caso Hackman e' fuori posto e funzionale solo, si suppone, al disegno di descrivere un'America cha ha comunque sempre ragione, anche quando non ce l’ha.
Ma l'intento del film non e', ovviamente, quello di criticare gli Americani.
Evidentemente il supporto della US Navy al film e' stato troppo alto e si esce dalla sala cinematografica avendo la sensazione che gli sceneggiatori si siano venduti al loro "sponsor" cioe’ alla marina USA in cambio del permesso di filmare liberamente sulle loro portaerei.
Sarebbe invece ora che Hollywood cambiasse un po' il registro anche se purtroppo, film piu’ recenti dimostrano il contrario.
L’ultimo film che ho visto sul tema infatti (Al vertice della tensione), mi ha nauseato per mancanza assoluta di spessore e credibilita' e per il ricorso ad una sconvolgente ripetitivita' di stereotipi cinematografici.
Peccato, ripeto, perche' il film, almeno inizialmente e' originale e propone alcune sequenze davvero memorabili che se inserite in una storia piu' sensata e obiettiva ne avrebbero fatto veramente un bel film.
Prima fra tutte: l'abbattimento del F-18 Hornet da parte di missili antiaerei SAM.
Al di la della assoluta non credibilita' del fatto che un missile antiaereo riesca ad inseguire un bersaglio per un quarto d’ora, delle eccessive doti di manovrabilita' del velivolo e del fatto che nessun missile e' dotato di un sistema di acquisizione cosi' sensibile e selettivo, vi e' da dire pero' che l'intera sequenza e' tecnicamente ben fatta.
La scena in cui si vede l'F-18 inseguito alle spalle dai SAM da cui tenta disperatamente di “sganciarsi” volando a bassa quota e rilasciando “esche” luminose (flares) e’ di notevole impatto.
Ma ancora meglio e' la sequenza dell'abbattimento vero e proprio quando l'aereo viene colpito e i due piloti si lanciano dall'abitacolo.
La scena dell'espulsione che descrive tutta la serie di meccanismi e cinematismi che vengono messi in rapidissimo moto nel momento in cui il pilota tira la leva di espulsione e' veramente eccezionale per chi, ovviamente, e' un appassionato di aviazione.
Vi sono, ovviamente, imprecisioni e semplificazioni ma il tutto e’ estremamente efficace e fa grande impressione.
Ma non e’ l’unica “chicca” del film.
La scena in cui il pilota / navigatore Burnett (braccato dalle milizie irregolari che lo vogliono vedere morto perche' lui e il suoi piloti hanno fotografato quello che non avrebbero dovuto), riesce per l'ennesima volta a fuggire ai suoi aguzzini scambiando la propria divisa con quello di un miliziano morto e' breve ma eccezionale perche' riesce a sintetizzare efficacemente l'intero film.
La musica di Don Davis (Matrix) che qui, sinceramente, e' spesso un po' banale e retorica (soprattutto nei passaggi dove vi sono forze americane in azione), in questo caso descrive invece con un'efficacia inaspettata il dramma, la paura, l'angoscia, l'anelito alla liberta' del fuggitivo Burnett che prima passa, incappucciato, davanti al comandante delle forze ribelli, e poi si da alla fuga, strappandosi il passamontagna.
Il tema musicale (Body of Burnett) mescola efficacemente la base sintetizzata con una orchestra polifonica che poi diventa un corale in un crescendo che descrive la fuga verso la salvezza del pilota.
Al di la del pretesto cinematografico, credo che l'efficacia dell'intera scena stia nell’esprimere in pochi attimi il senso del conflitto dei Balcani: prima il comandante ribelle (l’attore polacco Olek Krupa) che conversa con il suo ufficiale (base sintetizzata che rappresenta l’orrore e l’incombenza della guerra), poi il pilota incappucciato di spalle che incrocia gli aguzzini (orchestra polifonica, la musica diventa marziale, grida di donna fuori campo, inesorabilita’ e orrore della guerra), alla fine fuga verso la boscaglia (corale, speranza e liberta’).
Per concludere, al di la delle molte semplificazioni, incorrettezze e irritanti banalita’, questo film e’ almeno appezzabile perche’ cerca di descrivere il dramma di un popolo che si e’ autodistrutto fisicamente e spiritualmente in un dramma esemplificato perfettamente dalla figura di Sasha (l’attore russo Vladimir Mashkov) l’uomo a cui il comandante Lokar affida i “lavori piu’ sporchi” e che ha l’incarico di uccidere il pilota in fuga.
Credo che la sua determinata inespressivita’ e la scellerata solerzia con cui compie il suo lavoro descrivi da sola cos’e’ stata la guerra nei Balcani: una guerra drammatica, cruda e spietata.
Una guerra orrenda senza vinti ne vincitori.
E lo fa molto piu’ di quanto non sia riuscito a fare l’intero film.

Diego.

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