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Autore Lo sgravio fiscale di Prodi al Soviet
Futurist

Reg.: 30 Giu 2005
Messaggi: 1290
Da: firenze (FI)
Inviato: 22-06-2006 13:40  
quote:
In data 2006-06-12 12:10, Quilty scrive:
Per dirla molto velocemente un lavoratore che prende 1.000 euro costa in realtà all'azienda per cui lavora praticamente il doppio. Esistono infatti le tasse sul costo del lavoro (tra cui l'Irap)e i contributi che devono essere versati per la previdenza eccetera eccetera.

L'economia è in seria difficoltà poichè deve affrontare un' agguerrita concorrenza (Cina, India) e per rimanere competitiva deve abbassare il costo del lavoro.

Ecco quindi che arriva lo Stato con la sua mano visibilissima e taglia il cuneo fiscale, appunto tutte quelle tasse che l'impresa deve versare.

Senonchè se si taglia il cuneo per agevolare le aziende private significa che lo Stato incassa molti meno soldi e li deve andare a recuperare da qualche altra parte.

Inoltre se vengono tagliate le tasse sui contributi significa che ci sono meno soldi che vanno nel settore previdenza, pensioni...

Come scriveva anche ieri Repubblica,questo significa che verranno tagliati assegni di maternità e tutte quelle belle norme che favoriscono le fascie più deboli della popolazione.

Per far funzionare l'economia quindi si concede uno sgravio ai ricchi e si toglie ai poveri. Questo è quanto, spiegato con termini da prima elementare.

Vediamo a questo punto cosa dovrebbe succedere in una società giusta e democratica.



Quilty ma che dici! Vediamo se capisci passaggi di prima elementare:

Tutte le aziende hanno dei costi di produzione e delle entrate di vendita, se alla fine dell'anno i costi equivalgono all'entrate il balancio azziendale è chiuso, quindi l'azienda resiste sul mercato ma non produce nuova profitto da reinvestire. Infatti se nel mondo esistessero solo aziende con questo bilancio il PIL mondiale resterebbe invariato nei secoli, e tutto rimarrebbe uguale.
Se invece i costi superano i profitti la ragione d'esistenza di una azienda verrebbe meno. In un ipotetico mondo fatto solo da tali aziende l'umanità sarebbe in costante recessione, anno dopo anno sempre più povera (quello che è successo all'URSS post anni '60).
La situazione di libero mercato prevede invece che le aziende accettabili siano quelle le cui entrate superino i costi, che realizzino dunque un profitto utile ad espandere l'attività aziendale, o da investire in nuovi settori o nella ricerca.

Lo stato ha il compito propritario di non ostacolare le aziende utili al profitto. Riducendo il cuneo si liberano capitali nel settore privato che se investiti in modo intelligente permettono al mercato di prosperarere, aumentare i profitti, investire in nuovi settori e quindi creare tutta una serie di nuovi contribuenti per lo stato, che di conseguenza si arricchisce.

Questo è quello che è successo negli USA negli ultimi 100 anni ed infatti sono passati dai pistoleri, i ragazzi mucca, e lo stato che perseguitava gli indiani alla libosuzione per gli obesi coperta dalla sanità pubblica. E lo stato americano non è certo povero, come quello dell'ultima URSS o di CUBA.

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Tenenbaum

Reg.: 29 Dic 2003
Messaggi: 10848
Da: cagliari (CA)
Inviato: 22-06-2006 13:58  
futurist

non credo che gli Usa siano un stato da prendere come esempio

se permetti al mondo c'è di meglio in quanto a benessere
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Quilty

Reg.: 10 Ott 2001
Messaggi: 7637
Da: milano (MI)
Inviato: 22-06-2006 16:22  
Vediamo di ripetere per l'ennesima volta gli stessi concetti e di separare realtà e ideologia.

In un sistema di libero mercato lo Stato non interviene,ma la naturale concorrenza tra privati è lo stimolo alla competizione ; nel momento in cui la politica interviene sui mercati stiamo parlando di un'economia dirigistica,quale è il "capitalismo" attuale, secondo il filone delle teorie di Keynes.
Il libero mercato è solo un concetto ideologico.

In secondo luogo i profitti di queste imprese private sono resi tali grazie al sostegno determinante dello Stato (che abbassa il costo del lavoro socializzando gli sforzi per ottenerlo).

In terzo luogo i profitti non vengono tutti reinvestiti ,come apparirebbe da un discorso senza senso, altrimenti non esisterebbero differenze enormi di classe.
Al contrario i dirigenti si arricchiscono parecchio.
Dopo che tutti i cittadini hanno partecipato al sostegno delle imprese private sul mercato pagando di tasca loro,i profitti rimangono privati e la gestione delle aziende e delle risorse da utilizzare pure.Anche il sistema feudale funzionava così.E pure il "socialismo" russo.

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Futurist

Reg.: 30 Giu 2005
Messaggi: 1290
Da: firenze (FI)
Inviato: 22-06-2006 17:07  
quote:
In data 2006-06-22 16:22, Quilty scrive:
Vediamo di ripetere per l'ennesima volta gli stessi concetti e di separare realtà e ideologia.

In un sistema di libero mercato lo Stato non interviene,ma la naturale concorrenza tra privati è lo stimolo alla competizione ; nel momento in cui la politica interviene sui mercati stiamo parlando di un'economia dirigistica,quale è il "capitalismo" attuale, secondo il filone delle teorie di Keynes.
Il libero mercato è solo un concetto ideologico.

In secondo luogo i profitti di queste imprese private sono resi tali grazie al sostegno determinante dello Stato (che abbassa il costo del lavoro socializzando gli sforzi per ottenerlo).

In terzo luogo i profitti non vengono tutti reinvestiti ,come apparirebbe da un discorso senza senso, altrimenti non esisterebbero differenze enormi di classe.
Al contrario i dirigenti si arricchiscono parecchio.
Dopo che tutti i cittadini hanno partecipato al sostegno delle imprese private sul mercato pagando di tasca loro,i profitti rimangono privati e la gestione delle aziende e delle risorse da utilizzare pure.Anche il sistema feudale funzionava così.E pure il "socialismo" russo.



Questa è bella. Lo stato italiano già influenza pesantemente il mercato e troppo spesso per motivi ben lontani dall'interesse pubblico, questo lo sai bene. Se alcune tra queste influenze statali vengono rimosse si ottiene il solo effetto di rendere il mercato più libero. Lo sanno tutti che nei decenni passati la filosofia socialista (per usare un eufemismo) che imprimeva la sua orma nelle istituzioni italiane credeva che la ridistribuzione del reddito poteva avvenire tramite le tasse... una pia illusione. Il risultato è che le aziende italiane sono sovratassate, gli imprenditori più onesti finiscono per fallire schiacciati dal mercato internazionale (tranne rilevanti eccezioni), e non sto parlando di cina, e come unica possibilità di sopravvivenza evadono le tasse per chiudere il bilancio. Ma da tutto questo lo stato che cosa dovrebbe guadagnarci?
Le tasse come l'Irap rappresentano un'influenza dello stato sul mercato, influenza negativa se sono troppo opprimenti rispetto ai parametri internazionali.

Ed infatti io ho citato gli USA non a caso. Anche se oggi non sono l'esempio migliore bisogna ricordare da dove gli USA sono partiti. Nell'anno 1900 gli USA non erano lontanamente una potenza economica, nelle stesse americhe Argentina, Brasile e anche il Messico avevano economie molto più prospere, per non parlare degli imperi europei. Tuttavia in quei momenti di spartiacque storico gli USA adottarono forme di mercato più libere (anche se quasi esclusivamente interne) mentre la federazione brasiliana preferì il mercato centralizzato e guidato dai burocrati (per una nota legge di natura il burocrate è soggetto alla corruzione fraudolenta, il capitalista no perchè i soldi sono i suoi!). I risultati di queste scelte sono ovvi. Lo stato federale degli USA sforna dollari a palate mentre lo stato federale brasiliano è stato stracorrotto da corporations che lo hanno usato come strumento per ritagliarsi monopoli e il cittadino brasileiro vive nella favelas.
Anche l'italico cittadino potrebbe finire così se i pesanti problemi strutturali che gravano sulla nostra economia non vengono eliminati. Dopotutto 30 anni di ipertasse dove ci hanno portato? All'eliminazione delle disparità sociali? Nooo... alla stagnazione economica e quindi all'aumento delle disparità sociali. Davvero una grande pensata. Se io fossi un imprenditore avido, cinico, ipocrita, viscido, egoista, disonesto, prenderei subito la tessera di Rifondazione Comunista (e conosco un sacco di persone che sono così).

[ Questo messaggio è stato modificato da: Futurist il 22-06-2006 alle 17:10 ]

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Quilty

Reg.: 10 Ott 2001
Messaggi: 7637
Da: milano (MI)
Inviato: 22-06-2006 19:13  
Naturalmente l'argomento del topic è stato nuovamente evaso e si ritora a parlare di imprese ipertassate e addirittura di Usa e Brasile.

Ormai è un siparietto comico: sono sempre i soliti personaggi, che definire in malafede è un eufemismo, che ripropinano le stesse identiche menzogne. Ma non c'è problema, le cose si ripetono all'infinito ed è un esercizio utilissimo che permette di ribadire concetti incontestati.

Ancora si ripropina la storia degli imprenditori schiacciati dalle tasse.
Ma un libero professionista, un avvocato , un commercialista, lavora oltre la metà dell'anno per pagare tasse, tasse e tasse.
Quello che non succede però è che lo Stato gli concede lo sgravio, addebitandolo alle imprese private, ad esempio. Sarebbe ridicolo,così come è ridicolo (ma questo invece avviene) che lo sgravio del cuneo fiscale lo paghino alla fine i contribuenti tutti, e questo è l'argomento INCONTESTATO DEL TOPIC.

Ora, vogliamo rispondere sulle questioni proposte oppure si continua con la storia dell'imprenditore ipertassato?


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Quilty

Reg.: 10 Ott 2001
Messaggi: 7637
Da: milano (MI)
Inviato: 22-06-2006 19:14  
Punto numero due:basta leggere i giornali, sentire le dichiarazioni di editorialisti, politici , che affermano che il taglio del cuneo è volto a sostenere l'economia e la sua ripresa. La manovra finanziaria serve a questo (lo si può contestare?)per ridare competitività alle imprese private (si contesta questo punto? sto aspettando ancora smentite che non arriveranno MAI).
Si abbassa il costo del lavoro non perchè il povero imprenditore è ipertassato,perchè lo è anche il libero professionista; lo si fa perchè lo stato interviene pesantemente dirigendo la politica economica del paese,proprio come ai bei tempi dell'Urss, con la sola differza che le aziende sono private invece che pubbliche.

Ma se tutti questi sforzi per sostenere riguardano alla fine tutti (si taglia il cuneo contributivo, cioè le tasse che le imprese e i lavoratori pagano per accumulare contributi previdenziali)perchè gli eventuali profitti derivati da questo imput competitivo rimangono privati e perchè la gestione delle risorse rimane privata?
Sto ancora attendendo una risposta evasa dal principio.

La questione non è solamente quella della ridistribuzione del reddito ma di un'economia feudale, antidemocratica, oligarchica ,dirigistica, clientelare che protegge unicamente una fascia della popolazione verso la quale siamo tutti obbligati senza alcuna motivazione valida.


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Quilty

Reg.: 10 Ott 2001
Messaggi: 7637
Da: milano (MI)
Inviato: 22-06-2006 19:14  
La questione non è se porre la produzione nelle mani di privati o dello stato, poichè l'equazione non cambia affatto. La questione è piuttosto che se la gente paga - perchè il taglio del cuneo lo pagano tutti - allora dovrebbe essere chiamata a PARTECIPARE alla gestione e a condividere gli utili.
A reinvestirli e a pianificare a seconda di quanto hai partecipato e contribuito al successo dell'impresa.
Nell'economia feudale oggi vigente un imprenditore come il Tronchetto dell'infelicità si avvale dei sussidi statali ,incassa lo sgravio, si arricchisce e non condivide nulla.
La sua fortuna non è frutto del contributo che lui ha dato alla sua impresa, ma di quello di tutti.
Senza il contributo statale i settori dell'agricoltura e dell'high tech statunitense sarebbero stati spazzati via dalla concorrenza dei giapponesi da decenni.
Ma i soldi che il contribuente versa nelle casse del Pentagono vanno a finanziare la ricerca scientifica privata di imprese che ringraziano, incassano e si tengono tutto.

Dopo che tutti hanno partecipato, un signore che non ha fatto nulla si trova ad essere multimiliardario e il cittadino comune che ha versato anni di contributi paga a caro prezzo il risultato di decenni di ricerca scientifica se vuole acquistare l'ultimo dvd recorder o un televisore al plasma.

Questo perchè l'economia è antidemocratica, clientelare,parassitaria e non meritocratica.

Questo è l'argomento della discussione.

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MARQUEZ

Reg.: 23 Feb 2006
Messaggi: 2117
Da: Firenze (FI)
Inviato: 22-06-2006 19:20  
quote:
In data 2006-06-22 17:07, Futurist scrive:
quote:
In data 2006-06-22 16:22, Quilty scrive:
Vediamo di ripetere per l'ennesima volta gli stessi concetti e di separare realtà e ideologia.

In un sistema di libero mercato lo Stato non interviene,ma la naturale concorrenza tra privati è lo stimolo alla competizione ; nel momento in cui la politica interviene sui mercati stiamo parlando di un'economia dirigistica,quale è il "capitalismo" attuale, secondo il filone delle teorie di Keynes.
Il libero mercato è solo un concetto ideologico.

In secondo luogo i profitti di queste imprese private sono resi tali grazie al sostegno determinante dello Stato (che abbassa il costo del lavoro socializzando gli sforzi per ottenerlo).

In terzo luogo i profitti non vengono tutti reinvestiti ,come apparirebbe da un discorso senza senso, altrimenti non esisterebbero differenze enormi di classe.
Al contrario i dirigenti si arricchiscono parecchio.
Dopo che tutti i cittadini hanno partecipato al sostegno delle imprese private sul mercato pagando di tasca loro,i profitti rimangono privati e la gestione delle aziende e delle risorse da utilizzare pure.Anche il sistema feudale funzionava così.E pure il "socialismo" russo.



Questa è bella. Lo stato italiano già influenza pesantemente il mercato e troppo spesso per motivi ben lontani dall'interesse pubblico, questo lo sai bene. Se alcune tra queste influenze statali vengono rimosse si ottiene il solo effetto di rendere il mercato più libero. Lo sanno tutti che nei decenni passati la filosofia socialista (per usare un eufemismo) che imprimeva la sua orma nelle istituzioni italiane credeva che la ridistribuzione del reddito poteva avvenire tramite le tasse... una pia illusione. Il risultato è che le aziende italiane sono sovratassate, gli imprenditori più onesti finiscono per fallire schiacciati dal mercato internazionale (tranne rilevanti eccezioni), e non sto parlando di cina, e come unica possibilità di sopravvivenza evadono le tasse per chiudere il bilancio. Ma da tutto questo lo stato che cosa dovrebbe guadagnarci?
Le tasse come l'Irap rappresentano un'influenza dello stato sul mercato, influenza negativa se sono troppo opprimenti rispetto ai parametri internazionali.

Ed infatti io ho citato gli USA non a caso. Anche se oggi non sono l'esempio migliore bisogna ricordare da dove gli USA sono partiti. Nell'anno 1900 gli USA non erano lontanamente una potenza economica, nelle stesse americhe Argentina, Brasile e anche il Messico avevano economie molto più prospere, per non parlare degli imperi europei. Tuttavia in quei momenti di spartiacque storico gli USA adottarono forme di mercato più libere (anche se quasi esclusivamente interne) mentre la federazione brasiliana preferì il mercato centralizzato e guidato dai burocrati (per una nota legge di natura il burocrate è soggetto alla corruzione fraudolenta, il capitalista no perchè i soldi sono i suoi!). I risultati di queste scelte sono ovvi. Lo stato federale degli USA sforna dollari a palate mentre lo stato federale brasiliano è stato stracorrotto da corporations che lo hanno usato come strumento per ritagliarsi monopoli e il cittadino brasileiro vive nella favelas.
Anche l'italico cittadino potrebbe finire così se i pesanti problemi strutturali che gravano sulla nostra economia non vengono eliminati. Dopotutto 30 anni di ipertasse dove ci hanno portato? All'eliminazione delle disparità sociali? Nooo... alla stagnazione economica e quindi all'aumento delle disparità sociali. Davvero una grande pensata. Se io fossi un imprenditore avido, cinico, ipocrita, viscido, egoista, disonesto, prenderei subito la tessera di Rifondazione Comunista (e conosco un sacco di persone che sono così).

[ Questo messaggio è stato modificato da: Futurist il 22-06-2006 alle 17:10 ]

ma che cazzo stai dicendo, ma che cazzo stai dicendo......!!te la favelas ce l'hai nel cervello mi sa. stai distorcendo completamente la storia. l'immigrazione agli inizi del secolo cosa indica, che gli usa non erano prosperi??riflettici caro mio, ma hai preso un grosso granchio.
tu non hai capito che il tuo presunto sistema di mecato è solo una frottola che ti fanno bere quelli che ti controllano il cervello attraverso le televisioni i giornali e la pubblicità.premesso che anche secondo me il sistema del lubero mercato non è mai esistito pienamente, occorre precisare che ci sono statti momenti in cui si è cercato di applicarlo il più possibile. ed uno di questi momenti è stato proprio prima della crisi del capitalismo del 29. la fortuna dell'economia americana è stato il capitalismo keynesiano, con il controllo netto da parte dello stato da parte dello stato. e tu ci vieni a dire che gli usa hanno applicato il libero mercato(o lo applicano)?? mah. senza parole.

ma poi con che cazzo di ideologia te ne esci. ma ragiona un po' prima di parlare a caso: come fai fai a dire che gli industriali reinvestono i capitali guadagnati? casomai dovrai dire che ne reinvestono pochi e dove si "evade", come il calcio, l'editoria, le catene alberghiere. tu non hai capito, e questo è veramente grave, che se il PIL di una nazione aumenta non significa che tutti stiano meglio. significa di sicuro, come avviene nel sistema capitalistico, che gli imprenditori(soprattutto i grandi) stanno meglio. e quei signori non solo investono pochissimo(e capiamoci anche investissero molto cambierebbe poco!) ma portano anche i loro soldi dove non si pagano le tasse. ma che cazzo, li volete aprire o no gli occhi.

e ritornando a questa cazzata del cuneo fiscale, non so se avete sentito ma Padoa Schioppa ha proposto che 1/3 vada al lavoratore e 2/3 alle imprese. vergognoso! queste sono le leggi ad confindustriam.
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«E' vietato fare la cacca per terra, giusto? Bene, la pubblicità è come la cacca: puzza e fa schifo…».
Piergiorgio Odifreddi

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Tenenbaum

Reg.: 29 Dic 2003
Messaggi: 10848
Da: cagliari (CA)
Inviato: 22-06-2006 19:35  
non ho voglia di fare discorsi lunghi


estrema sintesi
(a parte che appena ho voglia vorrei chiarire una volta per tutte la questione su Keynes e l'economia politica, visto che mi pare che ci sia molta confusione su tali concetti) e si leggono afferemzioni completamente senza senso

quilty sostiene che il beneficio di tutti gli aiuti va ai privati

ma se quegli aiuti non esistessero quale sarebbe lo scenario per lo Stato ?



per usare l'esempio di quilty stesso :
Senza il contributo statale i settori dell'agricoltura e dell'high tech statunitense sarebbero stati spazzati via dalla concorrenza dei giapponesi da decenni.


bene sarebbero stati spazzati via (giusto)

quindi dovresti rispondere a questa domanda:
quale situazione dovrebbe fronteggiare lo Stato una volta che le quelle imprese sarebbero state spazzate via ?
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Quilty

Reg.: 10 Ott 2001
Messaggi: 7637
Da: milano (MI)
Inviato: 22-06-2006 19:37  
Oh tenenbaum, finalmente una domanda intelligente!
Risponderò molto volentieri appena posso.

[ Questo messaggio è stato modificato da: Quilty il 22-06-2006 alle 19:38 ]

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Tenenbaum

Reg.: 29 Dic 2003
Messaggi: 10848
Da: cagliari (CA)
Inviato: 22-06-2006 21:59  
come sarebbe una ?


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Futurist

Reg.: 30 Giu 2005
Messaggi: 1290
Da: firenze (FI)
Inviato: 23-06-2006 01:07  
quote:
In data 2006-06-22 19:13, Quilty scrive:
che lo sgravio del cuneo fiscale lo paghino alla fine i contribuenti tutti, e questo è l'argomento INCONTESTATO DEL TOPIC.




Tutto tempo perso. Io la risposta al topic l'ho espressa chiaramente, e se non riesci a vederla e solo perchè rifiuti di prendere in considerazione una visione di insieme e le dinamiche di causa ed effetto che sono dietro ai processi economici. Se vuoi continuare a vedere le cose in modo chiuso ed incoerente arriverai solo a conclusioni assurde come quella che l'Italia è uguale all'URSS o ad un feudo, affermazioni tanto incredibili quanto infondate che non meritano niente più che insulti, perche sono stronzate e questo restano.

Allora esaminiamo il punto da un'altra prospettiva, quella del lavoratore.
Se lo stato riduce le tasse alle imprese lo stato ha meno incassi quindi i servizi al proletario diminuiscono a favore dell'aristocrazia. Ma è così? D'altro canto le imprese in qualche modo i conti li devono far quadrare e le aziende italiane annaspano. Le imprese potrebbero intervenire sulle entrate aumentando il prezzo di vendita, ma in questo modo i prodotti o i servizi offerti non sarebbero competitivi sul mercato internazionale... anche ammettendo che l'italia chiuda il suo mercato consentendo l'aumento dei prezzi questo che vantaggio dovrebbe comportare per il lavoratore, che si vede aumentare il costo della vita? Non è la strada giusta.

Un'azienda in crisi (la maggior parte dell'economia italiana è in crisi) potrebbe intervenire sulle uscite, potrebbe tagliare lo stipendio ai dipendenti e l'imprenditore potrebbe rinunciare alla sua reddita (che di solito in un bilancio aziendale ha un peso irrilevante). Oppure si potrebbe tagliare nella qualità del lavoro, nella sicurezza, nella salubrità degli ambienti lavorativi. Ma il lavoratore cosa avrebbe da guadagnare da questo? Bho... e l'azienda stessa si esporrebbe a rischi inaccettabili.

Sicuramente una voce importante per un bilancia aziendale sono i costi riferiti allo stato, che incide pesantemente su svariati piani, uno dei quali sono le tasse. Lo stato potrebbe diminuirle ma così facendo si impoverisce... o forse no... sul lungo termine sicuramente no.
Perchè il non fare niente, il rimanere nella stagnazione, trascinerebbe inesorabilmente l'Italia fuori dal mercato mondiale, provocando la conseguente recessione con fallimenti a cascata di imprese insolvenza dopo insolvenza, trascinando lo stato alla bancarotta. Al contrario se l'economia subisce un nuovo slancio da una generale riduzione di costi del lavoro (su cui lo stato può incidere), il mercato si espanderebbe, conseguentemente la ricchezza prodotta e venduta aumenterebbe, quindi il numero di lavoratori e consumatori aumenterebbe, ergo il numero di contribuenti aumenterebbe, pertanto lo stato ed il lavoratore avrebbero solo da guadagnarci dall'evolversi della situazione.

Quindi la risposta alla domanda di Quilty è più che chiara. L'interesse delle imprese coincide con quello dello stato e con quello del lavoratore quindi intervenire sul cuneo fiscale rappresenta un vantaggio universale, infatti sono tutti d'accordo sul procedere in tal senso (imprese, sindacati, consumatori, partiti...) eccetto quelli che hanno in testa troppi pregiudizi e stereotipi per capire la teleologia della società in cui viviamo.

Perchè il divario tra ricchi e poveri non è certo così ampio come la propaganda comunista vorrebbe far credere. A differenza di quanto prevedesse Marx (che immaginava un futuro di poche famiglie ricche che si sostentavano su un esercito di lavoratori-schiavi senza diritto di proprietà apparte la prole) l'evolversi di un mondo basato sulla logica del profitto ha portato a risultati insperabili ed è questo che manda in paranoia voi comunisti. O si vuole negare la realtà?

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Quilty

Reg.: 10 Ott 2001
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Da: milano (MI)
Inviato: 23-06-2006 13:14  
Vediamo finalmente di giungere , dopo tanta ipocrisia, alla domanda evasa sin dal principio.
A questo punto, dopo quanto affermato da Futurist;dopo che lo stato, o meglio i cittadini dello stato si affrettano a sostenere le aziende (private) in crisi concedendogli enormi sgravi; dopo tutto questo impegno per rilanciare l’economia con lo sforzo e i contributi di tutti valutiamo le conseguenze.

Lo Stato incassa quindi meno soldi per favorire la competitività privata e li cerca da qualche altra parte,tagliando i costi sociali tra le altre cose.
L’impresa privata ,invece, si avvantaggia dello sgravio e aumenta la sua competitività e fa più profitti.

A questo punto i profitti ,dopo lo sforzo di tutti, rimangono privati.
In pratica pochi parassiti statali che godono dell’assistenzialismo più incredibile navigano nell’oro sulle spalle degli altri. Non socializzano il risultato della politica industriale. Inoltre rimangono i detentori assoluti del processo di produzione e sviluppo.
Quando io verso il mio contributo vorrei anche partecipare, decidere se il capo che ho scelto sta facendo bene, se utilizza bene le risorse, se invece vorrei che operasse in altro modo.
Questa è la democrazia in un’economia PARTECIPATIVA.

Invece siamo ancorati a livelli da feudo, dove i soldi vanno in mano a pochi oligarchi che si arricchiscono con l’aiuto di tutti e non condividono nulla della loro attività.
Siamo ai livelli del Soviet, dove tutti lavoravano per il Partito e per un futuro di ricchezza e prosperità.

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Quilty

Reg.: 10 Ott 2001
Messaggi: 7637
Da: milano (MI)
Inviato: 23-06-2006 13:14  
Valutiamo allora la domanda di Tenenbaum: cosa succederebbe se questo assistenzialismo statale venisse veno? Di sicuro lo scenario è quello descritto dalle parole di Futurist: recessione, fallimenti a cascata e bancarotta. Se il cittadino americano non versasse le sue tasse a favore degli investimenti privati dell’IBM l’azienda sarebbe fallita da un pezzo.

Ma nessuno vuole che il sistema crolli,nessuno ha mai affermato questo.
Si è solamente analizzato il sistema, non ci sono state contestazione di nessun tipo sul suo meccanismo, e quindi si è fatto un passo oltre. Si è messo in discussione la proprietà privata dei mezzi di produzione: se per andare verso il progresso occorre lo sforzo di tutti i cittadini, allora tutti i cittadini devono essere coinvolti nel processo produttivo, devono poi condividere i profitti e devono scegliere, come si sceglie un Parlamento, i capi delle aziende da cui vogliono essere governati , i piani di sviluppo che è meglio portare avanti., le risorse che è meglio utilizzare, in che misura, in che quantità; come gli stessi profitti devono essere poi reinvestiti per migliorare l’impresa.

Questo è un esempio di economia democratica che non mette a repentaglio l’evoluzione e il progresso, ma responsabilizza il mondo economico sottraendo le scelte a feudatari senza mandato che sfruttano con i soldi del contribuente la società e si arricchiscono alle spalle di tutti.

Quello che sta difendendo invece Futurist è un’economia di parassiti, clientelare, antidemocratica, di assoluti privilegi e senza un controllo , dove una multinazionale può permettersi di chiudere baracca e aprire in Thailandia con salari da miseria senza rispondere del proprio operato; o di devastare l’ambiente laddove un modello di sviluppo partecipativo come quello sopra indicato responsabilizza le persone e le istituzioni secondo una democrazia dal basso verso l’alto, dove il cittadino è padrone del proprio sviluppo e del proprio destino, la cui cosa è vista da questi difensori dello status quo con terrore.


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Futurist

Reg.: 30 Giu 2005
Messaggi: 1290
Da: firenze (FI)
Inviato: 23-06-2006 14:06  
quote:
In data 2006-06-23 13:14, Quilty scrive:

Quando io verso il mio contributo vorrei anche partecipare, decidere se il capo che ho scelto sta facendo bene, se utilizza bene le risorse, se invece vorrei che operasse in altro modo.
Questa è la democrazia in un’economia PARTECIPATIVA.




Concetto interessante. Ma ti sbagli se pensi che io non sia d'accordo anche perchè l'economia partecipativa non contrasta minimamente con l'idea di libero mercato. Piuttosto la esalta. E ti ripeto per l'n-esima volta che questo in cui viviamo non è un libero mercato e di conseguenza non lo difendo affatto.
Piuttosto spiegaci come e perchè l'economia partecipativa dovrebbe differenziarsi dai soviet o dai feudi o dalla situazione attuale, visto che per te è sempre tutto uguale. Perchè vedi, a me sembra che questa "grande rivoluzione dell'economia partecipativa" introduca delle differenze formali più che sostanziali. Anche perchè negli usa esistono aziende così, a cominciare dalla Walt Disney dove non esiste il "padrone" ed il pacchetto azionario è suddiviso equamente tra i dipendenti che in apposite assemblee decidono la politica aziendale... però alla fine, anche solo per beccarsi la responsabilità penale per l'azienda, i lavoratori della Disney o di qualunque altra azienda, ente, apparato etc. che usi questa formula partecipativa un dirigente delegato lo devono eleggere, i consiglieri delegati li devono eleggere, ovvio. E ma allora se questi dirigenti delegati diventassero così spregiudicati da ingannare i lavoratori che li hanno eletti, intascarsi i surplus di nascosto, magari essere corrotti dalla concorrenza ed inscenare una bella bancorotta aziendale fraudolenta (praticamente quello che è accaduto alla quasi totalità delle aziende di stato in Italia)... non mi sembra un sistema tanto migliore di quello che c'è oggi, o mi sbaglio?

[ Questo messaggio è stato modificato da: Futurist il 23-06-2006 alle 14:07 ]

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