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Autore Costa D'avorio. Che sta succedendo?
ipergiorg

Reg.: 08 Giu 2004
Messaggi: 10143
Da: CARBONERA (TV)
Inviato: 08-11-2004 15:10  
Francamente non ci capisco molto. Di colpo 8 soldati francesi morti. Ma che ci facevano lì??

Un articolo piuttosto duro con Chirac.

"Il compagno Laurent" ha deluso Parigi.Così il "pacifico" Chirac, pronto a condannare l’intervento angloamericano in Iraq, non ci pensa due volte a schiacciare l’Africa. Il vizio del colonialismo è duro da far passare! Nessuno si era accorto di niente, ma proprio mentre i francesi inondavano di sdegno gli Stati Uniti per la loro guerra illegale in Iraq, si facevano legalizzare a tutti i costi la propria, nella loro ex-colonia africana.E così anche la Francia entra in guerra colpendo duro le povere truppe del governo ivoriano.Sono bastate alcune manifestazioni antifrancesi, col corollario di nove morti, per scatenare una dura repressione. Chirac ha disposto l'invio di rinforzi ai circa 4.000 soldati francesi presenti e dato ordine di colpire i velivoli che hanno violato la tregua: distrutti due aerei e tre elicotteri militari.

Mentre ribelli e governativi ingaggiavano battaglia nel centro del paese, violenze e saccheggi e manifestazioni sono avvenuti anche ad Abidjan e nella capitale Yamoussoukro. Convocato in una riunione urgente, il Consiglio di sicurezza dell'Onu ha condannato l'attacco ai francesi a Bouake, in cui è morto anche un operatore umanitario americano. Parigi ha annunciato che presenterà al Consiglio di sicurezza una risoluzione per imporre l'embargo sulle armi alla Costa d'Avorio.

Tutto è cominciato quando le truppe francesi che con il contingente dell'Onu dovevano controllare il processo di pace nel paese africano sono finite ieri sotto i bombardamenti scatenati dalle truppe del presidente Laurent Gbagbo, in violazione del cessate il fuoco, contro i ribelli delle Forze Nuove, che controllano il nord del paese. Nove i militari uccisi, nel centro della Costa d'Avorio. L'esercito francese ha ucciso una trentina di ivoriani, e ne ha ferito un centinaio, ha detto oggi alla radio pubblica francese France Inter il presidente della Assemblea nazionale della Costa d'Avorio Mamadou Coulibaly. Mamadou ha accusato domenica la Francia di essere "in connivenza con i ribelli". "Da quanto è iniziata la crisi - ha detto il politico ivoriano - abbiamo la sensazione e le prove che è stato Jacques Chirac ad armare i ribelli".

Ma perché è iniziata la crisi? Perché chi controlla l'economia della Costa d'Avorio dagli anni '60, cioè la Francia,ha visto affacciarsi, da un po' di tempo, nuovi interlocutori desiderosi di entrare nel ricco business.E' logico supporre che le grandi imprese francesi abbiano mal digerito concetti come revisione dei contratti o non sopportino di vedere nelle gare d'appalto agguerrite offerte di americani,cinesi e asiatici.Un esempio:la Costa d'Avorio, primo produttore mondiale di cacao, rende alla Francia due miliardi e mezzo di Euro l'anno. E oltre al cacao e ai diamanti della vicina Sierra Leone si moltiplicano le voci di scoperte di nuovi giacimenti petroliferi in grado di produrre di milioni di barili di greggio, quantomai preziosi di questi tempi.Scrive Domenico Quirico sulla Stampa di oggi:"C'è da stupirsi se nel 2002 contro il dispotico (e infedele) Gbagbo scoppia una rivolta? Sembra,più che un moto popolare, un classico copione dei servizi segreti:ribelli dai nomi misteriosi, Omar Diarrasouba detto "zaga zaga", il caporale Hercules, il comandante Bamva;leader dalle biografie opache, ex golpisti, disertori condannati in contumacia.La cellula di questi catilinari si chiamava "cosa nostra".Insomma c'è da sospettare che se non sono più i tempi di "monsieur Afrique", lo spregiudicato figlio di Mitterand, i metodi non sono ancora stati aggiornati".
Il presidente Ghagbo,"il compagno Laurent" ha commesso lo sgarbo di aprire agli americani.Ma quale regola stabilisce che l'economia delle nazioni del Sud del mondo debba ingrossare solo le borse francesi? Caro Chirac, non crede che i tempi in cui era sufficiente inviare un reparto della Legione Straniera per controllare i propri interessi economici siano finiti?
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Spock: We must acknowledge once and for all that the purpose of diplomacy is to prolong a crisis.

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ipergiorg

Reg.: 08 Giu 2004
Messaggi: 10143
Da: CARBONERA (TV)
Inviato: 08-11-2004 15:14  
Dal Corriere della sera
Parigi manda la Legione straniera

di Massimo Nava

PARIGI - Forse chiameremo guerra civile o rivolta nazionalistica, o tutte e due le cose insieme, il conflitto che si prepara in Costa d'Avorio, dove la situazione precipita, dopo una terribile notte di sparatorie e vandalismi in diverse città. La folla, incitata da capipopolo in televisione, dà l'assalto a residenze e rappresentanze economiche e culturali francesi. Scontri si succedono fra forze governative e soldati francesi nella zona dell'aeroporto internazionale di Abidjan, la capitale economica percorsa da blindati e sconvolta dai disordini. In serata il capo di stato maggiore di Parigi ammette che i suoi soldati «possono aver ferito o ucciso qualcuno».
Migliaia di civili stranieri restano barricati nelle loro case, anche se per ora è escluda una partenza di massa. Giovani ivoriani, armati di bastoni e bottiglie incendiarie si organizzano per una seconda notte d'inferno. La Francia invia altri due battaglioni di 600 uomini, legionari e truppe speciali, con il rischio di rimanere intrappolata in un'escalation militare che non ha voluto. Appello ieri del Papa per la fine degli scontri: «Possano le armi tacere, gli accordi di pace essere rispettati e il dialogo riprendere».

Il contingente militare francese non è più una forza d'interposizione fra le parti in conflitto, ma considerato da tutti una forza d'occupazione, preso fra due fuochi, costretto a difendersi e a sparare per mantenere l'ordine. Un'ostilità che si somma al risentimento degli stessi civili francesi. Il panico e la rabbia di vedere andare in fumo anni di lavoro e investimenti si trasforma in un atto d'accusa al governo di Parigi, per aver scelto l'equidistanza fra regime e ribelli e l'equilibrio diplomatico anziché una più risoluta difesa della stabilità.
Per la Francia, l'operazione «Licorne», il contingente di 4.500 soldati inviati nel 2002 su mandato Onu, rischia di tramutarsi in un fallimento politico che ha già un alto prezzo di vite umane: 9 soldati morti e 23 feriti nel corso del raid aereo, l'altro ieri, delle forze governative sulle postazioni dei ribelli al Nord. «Soldati di pace», ha tenuto a ribadire il ministro degli Esteri francese, Barnier.

La reazione di Parigi, con la decisione del presidente Chirac di far distruggere i mezzi militari ivoriani (due aerei e tre elicotteri) ha scatenato rivalse e insinuato nella popolazione e negli apparati del regime la convinzione che la Francia non sia più il partner privilegiato e affidabile del Paese dopo la lunga dominazione coloniale. Parigi, come ha detto il premier Raffarin, «difende lo stato di diritto» e ritiene il presidente Laurent Gbagbo «responsabile» dei disordini. Ma il presidente di un Paese lacerato, dove le forze ribelli controllano il Nord, appare scavalcato da altri protagonisti che pensano sia scoccata l'ora di una spallata. Ble Goude, che si fa chiamare «generale» e controlla bande di giovani «patrioti», incita la folla e paragona la Costa d'Avorio all'Iraq: i francesi dovrebbero diventare un bersaglio, come i marines. Il presidente dell'Assemblea, Mamadou Coulibaly, parla di «resistenza contro l'impero francese» e minaccia: «Il Vietnam non sarà nulla in confronto a quello che faremo in Costa d'Avorio». Un portavoce del presidente Gbagbo chiede all'Onu di intervenire contro la Francia, «Paese aggressore».

I paragoni con Iraq e Vietnam sono sproporzionati sul piano militare, ma evocano una contrapposizione sul terreno che la Francia ha cercato di scongiurare. L'invio di truppe sotto l'egida Onu (6.000 soldati), l'equidistanza fra le fazioni e la ricerca di un accordo di unità nazionale miravano anche a evitare facili sospetti di un'operazione neo-coloniale. La situazione è sfuggita di mano. La Francia ora è considerata gendarme dai ribelli e traditore dai governativi.
Inutilmente, il presidente Chirac ha invitato Gbagbo a desistere dai bombardamenti sul Nord e da una prova di forza con i ribelli. Adesso si spera nella mediazione del presidente sudafricano Mbeki, oggi ad Abidjan.
Per le Nazioni Unite reggono invece i paragoni con altri scenari di conflitto in cui gli sforzi di mediazione si sono trasformati nell'impotenza spettatrice di negoziati inutili. La Costa d'Avorio rischia lo smembramento territoriale, etnico, religioso e politico innescato dalla crisi economica.

Anche l'identità della popolazione, nonostante la comune cultura francese, è un fattore di conflittualità: un quarto è straniera, costituita da immigrati dai Paesi vicini nelle piantagioni di cacao, oggi diventati profughi o massa di manovra della guerriglia. Diverse componenti sono musulmane, in conflitto con il Sud cristiano. Il porto di Abidjan, il nodo commerciale per i Paesi dell'area, è anche nodo strategico per il Golfo di Guinea, dove esistono importanti giacimenti petroliferi off shore in orbita americana. Come ieri la regione dei Grandi Laghi, anche la Costa d'Avorio può entrare nella partita delle zone d'influenza. E la Francia, ex potenza coloniale, non vuole perdere anche questa.
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christabel

Reg.: 02 Ago 2004
Messaggi: 1644
Da: cremona (CR)
Inviato: 08-11-2004 20:36  
Adesso dico io una cosa. Antefatto.Qualche anno fa mio padre per lavoro dovette stare per un certo periodo in Costa d'Avorio e nel giro di soli 2 mesi ci furono 2 colpi di stato.E ciò dimostra come questo stato africano sia completamente instabile. Fatto. Poche settimane fa nella ditta dove lavoro vidi una donna nera che fa parte di un'impresa di pulizie. Beh sta di fatto che parlando un pò salta fuori che viene dalla Costa d'Avorio. Così per curiosità le domandai cosa ne pensava dei casini nel suo paese e lei come se niente fosse rispose che si stava sistemando tutto pian piano...poi ecco che al telegiornale iniziano a dare le notizie riportate sopra da Ipergiorg; al che non so cosa pensare. La situazione è sottovalutata o è la donna che non conosce per niente la situazione disastrosa del suo paese?
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Lunga ed impervia è la strada che dall'Inferno si snoda verso la Luce...

"Paradiso perduto - J.Mylton"

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ipergiorg

Reg.: 08 Giu 2004
Messaggi: 10143
Da: CARBONERA (TV)
Inviato: 09-11-2004 14:44  
direi semplicemente che la situazione è troppo fluida in quei paesi, per capirci qualcosa stando in italia e lavorando duro. Lo dimostrano i due colpi di stato vissuti da tuo padre.
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ipergiorg

Reg.: 08 Giu 2004
Messaggi: 10143
Da: CARBONERA (TV)
Inviato: 10-11-2004 12:24  
Dal corriere della sera

Massimo Nava

PARIGI - Ci sono quattro immagini che spiegano, più delle analisi, la crisi della Costa d'Avorio e i rischi di guerra civile. Il mesto ritorno a Parigi di nove bare avvolte nel tricolore ha acceso nell'opinione pubblica laceranti interrogativi sul senso della spedizione militare, sul ruolo della Francia nell'ex colonia, sui risultati di un'azione diplomatica intrapresa da due anni per pacificare il Paese. I francesi temono la trappola di un conflitto non voluto. Dai tempi della Bosnia, l'Armée non aveva subito perdite così gravi.

I blindati e i legionari che ieri hanno circondato la residenza del presidente Laurent Gbagbo ad Abidjan hanno infiammato ancora di più i sentimenti antifrancesi della popolazione e ingenerato nei fedelissimi del regime la convinzione che Parigi - anziché mantenere l'equidistanza fra le parti in conflitto - abbia ormai deciso di abbandonare un vecchio amico della Francia, considerato ambiguo, inaffidabile, più propenso alla prova di forza con i ribelli che alla riconciliazione nazionale.
Le migliaia di cittadini francesi barricati nelle loro case o raccolti nelle basi militari in attesa di rimpatrio si sentono a loro volta abbandonati dalla Francia. Forse avrebbero voluto un impegno più risoluto a protezione delle attività economiche e commerciali e adesso temono che il furore nazionalistico degli ivoriani e del loro presidente apra la strada a uno scenario già visto nello Zimbabwe di Mugabe, con la cacciata dei bianchi e la confisca delle proprietà inglesi. In Costa d'Avorio sono presenti i principali colossi industriali e finanziari francesi: Total, France Telekom, Alcatel, Bolloré.

I blindati sono stati schierati proprio a protezione dei quartieri residenziali francesi e non per rovesciare il presidente, ma in questo clima ogni iniziativa si presta alla lettura strumentale che più interessa le parti in causa. La quarta immagine è quella del porto di Abidjan, paralizzato dai disordini del week-end che hanno provocato diverse vittime e almeno quattrocento feriti. Adesso regna la calma apparente cui fanno appello diversi protagonisti della vita politica e lo stesso presidente, ma tutti sanno che dietro le quinte si affilano le armi per la prossima occasione di scontro.
Nessuno, in questi due anni, ha mai davvero creduto agli accordi e al progetto di riconciliazione nazionale benedetto da Parigi. Le spedizioni di cacao, la più importante risorsa del Paese, sono bloccate. E il fermo dei container è l'immagine più eloquente della crisi economica che è la vera origine del conflitto, molto più decisiva delle differenze etniche e religiose o dei calcoli di settori dell'esercito e dell'apparato che in diverse occasioni hanno pensato di rovesciare il potere di Laurent Gbagbo.

L'ingresso sui mercati di nuovi Paesi produttori ha fatto crollare i prezzi e ridotto la torta, aprendo vecchie ferite fra ivoriani e «stranieri», i cinque milioni di immigrati dai Paesi vicini, ormai naturalizzati, che costituiscono la forza lavoro del Paese. Mercenari, signori della guerra, traffici di armi e disegni di destabilizzazione, vaghe motivazioni etniche e religiose hanno avuto l'effetto della benzina sul fuoco.
Con l'invio delle truppe, nel 2002, la Francia ha destato un doppio sospetto: quello di voler difendere storici interessi di ex potenza coloniale e, agli occhi degli oppositori, quello di sostenere il regime presidenziale. Con l'ingresso sulla scena delle Nazioni unite, Parigi ha internazionalizzato il conflitto e tentato di affermare una nuova politica anche nella propria sfera d'influenza. Il fatto che i soldati francesi siano oggi «caschi blu» con un mandato del Consiglio di sicurezza doveva rappresentare, nelle intenzioni di Parigi, anche una lezione di metodo, rispetto all'unilateralismo americano in Iraq. Ma diritto e interessi difficilmente sono conciliabili senza ambiguità.

L'ombrello Onu sulla spedizione francese ha reso sempre più sospettoso il presidente Laurent Gbagbo e più evidente la sua metamorfosi culturale e politica. Il socialista che studiava a Parigi la democratizzazione dell'Africa ha riscoperto un messaggio anticoloniale e nazionalistico che si è tradotto in xenofobia verso stranieri e minoranze (il leader musulmano dell'opposizione è stato escluso dalla vita politica con la scusa di essere originario del Burkina Faso) e in metodi di repressione piuttosto spicci: squadroni della morte, repressione politica, mercenari arruolati un po' dovunque, come i bianchi dell'Est (pare bielorussi) che pilotavano gli aerei mandati a bombardare le postazioni francesi.

I suoi avversari, per lo più ex ufficiali dell'esercito, cavalcano la protesta del Nord, le rivendicazioni degli esclusi e, come sempre in questi scenari, nobili ideali nascondono interessi e feroci spartizioni di briciole di ricchezza.
La pacificazione della Costa d'Avorio resta una chimera. Il Paese è spaccato e la linea d'interposizione delle forze Onu rischia di perpetuarsi. La strategia francese diventa invece un rompicapo.

La Francia vorrebbe essere soltanto arbitro, ma i disordini del week-end, la paura dei residenti francesi e la perdita dei suoi soldati la rendono sempre più parte in causa. Parigi ha chiesto al Consiglio di sicurezza l'embargo sulle armi e il congelamento dei beni, secondo una lista di personalità considerate responsabili di violazioni dei diritti dell'uomo e degli accordi di pace. Ma questa richiesta, assieme alla distruzione degli aerei e degli elicotteri del presidente, come ritorsione al bombardamento in cui sono periti i soldati francesi, non potrà che accentuare l'ostilità antifrancese del regime.
D'altra parte, almeno per il momento, Laurent Gbagbo è un interlocutore che non può essere tolto di mezzo.
L'ombrello dell'Onu sul Paese del cacao e sui legionari francesi rischia di diventare un ombrellino.
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ipergiorg

Reg.: 08 Giu 2004
Messaggi: 10143
Da: CARBONERA (TV)
Inviato: 10-11-2004 12:27  
E c'è anche il petrolio perbacco.

Roma, 9 nov. (Adnkronos/Marketwatch) - 'La vera ragione della crisi in Costa d'Avorio e' il petrolio, perche' molte sono le multinazionali francesi alle quali e' stato detto di partecipare alle gare d'appalto internazionali dal 2000 da quando e' stato democraticamente eletto il presidente Laurent Gbagbo dopo oltre 40 anni di monopolio economico'. Lo ha dichiarato all'ADNKRONOS il portavoce dell'ambasciata ivoriana in Italia Laurent De Bai. 'Il presidente ha solo chiesto a tutte le nazioni interessate alle infrastrutture ivoriane di poter partecipare agli appalti - prosegue De Bai - non e' solo il cacao la speranza dell'economia ivoriana. Ma con i pozzi (Belier, Lion, Espoir e Panthe're) off-shore scoperti nelle acque territoriali della fascia atlantica del golfo di Guinea, tutti in Costa D'Avorio, il paese diventata ancor importante e strategico. Ecco che dietro la crisi in atto nel mio paese c'e' la scoperta di riserve di petrolio. Abidjan non e' certo Riad ma di certo la scoperta di alcuni giacimenti petroliferi fa gola a tutti. E' vero che le aperture economiche del Presidente, Laurent Gbagbo, ad americani, cinesi ed asiatici non piacciano a Parigi ma il mercato e' libero. La Francia in un momento del genere non vuole saperne di mollare l'osso ivoriano'.
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riddick

Reg.: 14 Giu 2003
Messaggi: 3018
Da: san giorgio in bosco (PD)
Inviato: 13-11-2004 13:39  
curioso . questi francesi, questi grandi francesi difensori del disimpegno in iraq. guarda un po che ti vanno a combinare
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M.O.I.G.E. al rogo

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ipergiorg

Reg.: 08 Giu 2004
Messaggi: 10143
Da: CARBONERA (TV)
Inviato: 14-11-2004 12:32  
Il presidente della Costa d’Avorio, Laurent Gbagbo: «I francesi si comportano da padroni»

di Massimo A. Alberizzi

ABIDJAN - «Chirac? Non so perché mi odia, perché sta facendo alla Costa d'Avorio tutto questo. Io sono un governante onesto e un partner leale. Da quando sono il presidente di questo Paese non ho fatto nulla contro gli interessi francesi e nulla contro la Francia. Francamente non capisco perché ci trattano così».
A una settimana dall'inizio della crisi ivoriana, il presidente Laurent Gbagbo, uno dei pochi capi di Stato africani eletti con votazioni regolari e popolari, si sfoga con il Corriere della Sera . È sinceramente turbato dallo scontro che lo oppone al capo dell'Eliseo. Cinquemila soldati francesi, sotto mandato Onu, sono nel Paese per vigilare sugli accordi di pace raggiunti con i ribelli delle Force Nouvelle di Guillaume Soro: «Li abbiamo chiamati noi per aiutarci a risolvere i problemi con la guerriglia - spiega il presidente -. Come si può pensare che non li vogliamo? Certo siamo dispiaciuti che ora si comportino da padroni, che occupino i nostri aeroporti, che per entrare e uscire dalla Costa d'Avorio si debba passare sotto i loro controlli, ma speriamo che tutto ciò finisca presto e che si possa tornare alla vecchia concordia».

Dal 2002, il Paese è diviso il due. A Nord comanda la ribellione, a Sud i governativi sostenuti da soldati di ventura. Il negoziato prevedeva il disarmo dei guerriglieri, la riunificazione del Paese, il cambio della legge elettorale, per favorire il rientro in politica del capo dell'opposizione, Alessane Ouattarà, e le elezioni per l'ottobre 2005. Ma invece la guerra è ricominciata il 4 novembre con i bombardamenti da parte dei governativi e il 6 novembre l'incidente che cambia lo scenario. Le bombe cadono sul campo dei francesi a Bouaké, capitale della ribellione, e uccidono nove soldati e un civile americano. Rispondono i Mirage che 14 minuti dopo l'attacco, su ordine preciso di Chirac, si alzano in volo e distruggono a terra i due caccia e i cinque elicotteri ivoriani.
«Non capisco questo comportamento - spiega Gbagbo -. Credono che io sia così pazzo o stupido da fare la guerra alla Francia? Un attacco del genere sarebbe stato comprensibile solo dopo un'inchiesta approfondita che potesse accertare le responsabilità. Noi piangiamo tutti i morti, anche quelli francesi. Ma avremmo preferito che quei corpi fossero portati via solo dopo le necessarie indagini su quel dannato incidente. I morti sono morti, ma i vivi devono sapere cosa è accaduto».

Presidente, qualcuno sostiene che quello non è stato un incidente, ma un atto deliberato contro i francesi. Forse un complotto contro di lei, qualcuno che ha dato all’equipaggio mappe contraffatte per far ricadere la colpa sul suo governo e scatenare la rabbia di Chirac?
«Non lo so tutto è possibile. Ma io vorrei che qualcuno facesse un'inchiesta indipendente. Per quel che ci riguarda i nostri giudici stanno investigando. E il pilota è stato arrestato».

Mentre parla con il Corriere , Gbagbo riceve una telefonata dal presidente del Sudafrica Tabo Mbeki, incaricato dall'Unione Africana di mediare tra governo e ribelli. Buone novità?
«Abbiamo fatto il punto della situazione e sono ottimista. Vorrei che le cose si risolvessero con la diplomazia e non con la guerra».

E perché vinca la diplomazia cosa dovrebbe accadere?
«Gli insorti dovrebbero deporre le armi immediatamente, permettere la riunificazione del Paese e l'organizzazione di elezioni entro l'ottobre 2005. Questo deve avvenire entro dicembre, per avere il tempo necessario a terminare il processo di pacificazione».

E l'opzione militare? Lei aveva ripreso la guerra il 4 novembre.
«Io vorrei che i ribelli deponessero le armi e che le forze internazionali (oltre ai francesi in Costa d'Avorio c'è un contingente di Caschi Blu, ndr ) garantissero il loro disarmo. Dipende da loro se continuerà la guerra o meno».

Intanto gli europei, spina dorsale dell'economia ivoriana, una volta la più florida di tutta l'Africa dopo il Sudafrica, fuggono.
«Ho lanciato un appello perché non vadano via. Le violenze popolari non erano contro di loro né contro i francesi. Ma solo contro questa incomprensibile politica della Francia. Chi è andato va, sono sicuro, tornerà. Abbiamo visto alla televisione francese gente che è scappata da qui che già vuole rientrare. La Costa d'Avorio deve tornare ad essere la patria africana di tutti gli europei».

E l'Italia che può fare?
«Il vostro Paese è un grande amico, ha già cancellato i debiti. Il vostro ambasciatore, Paolo Sannella, c'è stato molto vicino durante il tentato colpo di stato del 2002. L'Italia ora può giocare un ruolo determinante per raffreddare i rapporti tra noi e Parigi».

Questo può irritare Chirac?
«Non credo, è nell'interesse dell'Europa avere buoni rapporti con noi e poi Italia e Francia sono amiche tra loro».
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ipergiorg

Reg.: 08 Giu 2004
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Da: CARBONERA (TV)
Inviato: 17-11-2004 09:56  
L'ONU è al solito efficiente, rapido e tempestivo.

New York. Il consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite ha votato all'unanimita' per l'embargo sulle armi in Costa d'Avorio, paese africano sull'orlo di una guerra civile. La bozza di risoluzione, presentata dalla Francia, ex potenza coloniale, prevede, nello specifico, che il bando duri 13 mesi. Nel testo si fa riferimento alla possibilita' di imporre ulteriori sanzioni, anche di natura finanziaria, se entro un mese non verra' riavviato il processo di pace tra le parti, dopo la violazione del cessate il fuoco, siglato nel gennaio del 2003. Intanto, nel paese africano la situazione resta drammatica. Non accenna a diminuire la tensione tra le milizie del presidente Laurent Gbagbo e i ribelli del nord, mentre proseguono le operazioni di rimpatrio per migliaia di occidentali predisposte dai paesi europei, fra cui l'Italia, per mettere al sicuro i propri connazionali da scontri e aggressioni mirate in molte zone del paese.
(Pab/Opr/Adnkronos)
16-NOV-04
15:36
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ipergiorg

Reg.: 08 Giu 2004
Messaggi: 10143
Da: CARBONERA (TV)
Inviato: 19-11-2004 10:18  
Ho trovato segnalati questi due link sul modo di intervenire dei Francesi in Costa D'Avorio


http://radioci.embaci.com/englishdownload/frenchsoldiershootingcivilians1.mpg
http://radioci.embaci.com/englishdownload/frenchsoldiersshootingcivilians2.mpg

I filmati sono pesanti (100Mb) e quindi non li posso scaricare se non in 7 ore.

Ho trovato questa descrizione

pur nella prudenza che si impone in casi del genere, mi viene da raccontare quello che ho visto in questi filmati.
Mi piace che si possa verificare quello che dico, e qui ognuno può andarsi a vedere quei filmati e controllare se sia vero no quello che racconto.
Quindi, ben sapendo che potete controllare ogni singola parola (fatelo!) vi dirò subito che quei filmati mi mettono addosso un grande disagio.
Si vede una folla assolutamente disarmata... non un bastone, non una pietra... solo canti ("Jesus, Jesus !", con un'intonazione allegra), qualcuno che fa qualche gesto di sfottò, ma niente di cattivo (almeno questo è quello che ho visto io).
Poi all'improvviso degli spari. Ad un certo punto si vede anche lo sparatore. Si vedono, tra i due filmati, gli effetti di questa e di una successiva sparatoria, anch'essa giunta senza un'apparente motivazione. Vari feriti, e uno con la testa spappolata (impressionante vedere quel corpo praticamente senza testa).
Tra le due sparatorie qualcuno ha intonato ancora canti, direi allegri, qualcuno ha continuato a stare vicino ai francesi.
Non ho visto una folla inferocita, non ho visto una folla scatenata in saccheggi o a far violenze, o a battersi contro le forze dell'ordine, come ho visto fare a Genova, al G8.
Questo è quello che ho visto, e che potete vedere anche voi.
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ipergiorg

Reg.: 08 Giu 2004
Messaggi: 10143
Da: CARBONERA (TV)
Inviato: 24-11-2004 16:04  
Se davvero in Costa d'Avorio si stanno scontrando due modelli e due progetti di sviluppo diametralmente divergenti, la posta in gioco è assai alta.
«Essere liberisti in economia aiuta a crescere», «aiutateci ad evitare al nostro paese un disastro come quello del Rwanda»: sono questi i passi salienti dell'appello lanciato da Emanuel Tano Zagbla, coordinatore generale per l'Italia degli Ivoriani della Diaspora (COGID) che, così come il portavoce dell'Ambasciata della Costa d'Avorio a Roma, Laurent De Bai, accusa esplicitamente la Francia di voler impedire a qualsiasi costo la fine del proprio monopolio economico nell'ex colonia.

Come tutti sanno, il 6 novembre scorso le truppe francesi della missione Licorne in Costa d'Avorio hanno distrutto a terra gli aerei e gli elicotteri delle forze armate nazionali e posto sotto assedio le residenze governative puntando le armi contro il palazzo presidenziale della capitale, Abijan: la Francia ha così voluto mettere fine all'offensiva del governo contro i ribelli, che controllano metà del paese, durante la quale erano stati uccisi otto militari francesi. La crisi apertasi due anni fa in Costa d'Avorio con un tentativo di colpo di stato si era aggravata con l'approssimarsi del 15 ottobre: quel giorno avrebbe dovuto iniziare il processo di disarmo e smobilitazione delle milizie antigovernative, ma così non è stato.

Il 16 novembre il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, su proposta della Francia, ha approvato all'unanimità una risoluzione di condanna dell'operato del governo ivoriano, che prevede un embargo immediato di 13 mesi sulla compravendita di armi e sanzioni della durata di 12 mesi a partire dal 15 dicembre per chiunque metta in pericolo la realizzazione degli accordi di Linas-Marcoussis del gennaio 2003.
Ma gli ivoriani, almeno quelli che vivono ad Abijan, hanno preso posizione a favore del loro governo e lo hanno dimostrato con chiarezza il 7 novembre disponendosi attorno alla residenza del presidente assediata dai carri armati francesi, per fare da scudo umano in caso di colpo di stato. «Tra la popolazione che oggi protegge la residenza del presidente c'è gente di tutte le etnie, proveniente da tutte le regioni del paese - ha spiegato alla stampa italiana De Bai - la popolazione è con il suo presidente...questa crisi non è etnica né c'è una questione religiosa...»

Quanti e chi siano e quanto determinati a resistere è oggetto di vivaci discussioni. Ma l'immagine di una città che scende in piazza per proteggere il proprio leader ne evoca un'altra: nel 2002 la popolazione di Antananarivo, la capitale del Madagascar, ha vegliato giorno e notte per sette mesi, erigendo barricate alla periferia della città, decisa a difendere Marc Ravalomanana, il giovane imprenditore eletto presidente nel dicembre 2001, dagli attacchi delle milizie al soldo di Didier Ratsiraka, il feroce dittatore al potere per quasi vent'anni, che non si rassegnava alla sconfitta.
Anche in questo caso ricade sulla Francia la responsabilità di aver sostenuto Ratsiraka per difendere i propri interessi: e altri esempi si potrebbero citare. Solo l'intervento degli USA salvò il nuovo leader - che né l'Unione Africana né l'Unione Europea si decidevano a riconoscere - e risparmiò al Madagascar una guerra civile interminabile.
Quante pene si devono ancora sopportare perché la Francia continui a sentirsi grande?

Anna Bono
bono@ragionpolitica.it -
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Spock: We must acknowledge once and for all that the purpose of diplomacy is to prolong a crisis.

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