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Autore Arafat è morto. Anzi no. Ma facciamo finta. Tanto ormai manca poco..
ginestra


Reg.: 02 Mag 2003
Messaggi: 8862
Da: San Nicola la Strada (CE)
Inviato: 11-11-2004 14:37  
Acquietiamoci, Arafat è passato a miglior vita,pace all'anima sua, adesso se la vedrà con ben altri giudici.
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E tu, lenta ginestra,che di selve odorate queste campagne dispogliate adorni, anche tu presto alla crudel possanza soccomberai del sotterraneo foco, che ritornando al loco già noto, stenderà l'avaro lembo su tue molli foreste.......

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ipergiorg

Reg.: 08 Giu 2004
Messaggi: 10143
Da: CARBONERA (TV)
Inviato: 17-11-2004 09:50  
Un primo effetto positivo di questa morte c'è

Gaza, 16 novembre 2004

I capi della Jihad Islamica e delle Brigate dei martiri di Al Aqsa in Cisgiordania hanno dichiarato ieri di voler cessare unilateralmente tutti gli attacchi in Israele per 60 giorni, in modo da agevolare le elezioni del presidente dell'Autorità palestinese, fissate per il 9 gennaio.

"Ci asterremo da attacchi contro obiettivi all'interno di Israele durante il periodo di 60 giorni, in modo da non poter essere accusati di sabotare il processo democratico in Palestina" ha detto Abu Khaled, un leader della Jihad Islamica a Nablus, al Jerusalem Post.

Sul piano diplomatico, intanto, primi segnali di riavvio del negoziato internazionale sul conflitto israelo palestinese.
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Spock: We must acknowledge once and for all that the purpose of diplomacy is to prolong a crisis.

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ipergiorg

Reg.: 08 Giu 2004
Messaggi: 10143
Da: CARBONERA (TV)
Inviato: 17-11-2004 09:54  
Peccato che lo spirito democratico non alberghi nei cuori di tutti i partecipanti alla elezione

«Noi di Al Aqsa uccideremo Abu Mazen»

BETLEMME - L'uomo delle Brigate Al Aqsa, che da venerdì si chiamano anche Abu Ammar in onore di Yasser Arafat, il Grande Estinto, ha 29 anni, un passamontagna nero, i denti marci, la pelle sul collo segnata, un giubbotto nero «Dfn», la pistola ben fasciata sul fianco dei jeans. Lo incontriamo al cimitero. Resta in piedi, pesta nervoso il cemento: «Un quarto d'ora soltanto», concede. Perché in fondo, alla fine di tutto, c'è una cosa sola che gli preme dire: «Vogliamo uccidere Abu Mazen». Le Brigate Al Aqsa-Abu Ammar hanno deciso che alle elezioni presidenziali sosterranno Marwan Barghouti.

Il posto dove convoca la gente è quello dov'è abituato a mandarla: il cimitero. «Spegnete i telefonini, per favore», che danno la posizione agli elicotteri israeliani, soprattutto scattano foto non gradite: «E non scrivete come si chiama questa zona». Lungo la cinta delle tombe cristiane passa una suorina in bianco. Sorride, tira oltre. Ha capito che non siamo qui per pregare. Forse sa già quante spalle ci si deve guardare, se si viene ad appuntamenti come questo: due automobili prese a un valico lontano dai check-point, un cambio di macchine poco lontano dalla Basilica della Natività, un rapido giro nella Betlemme ancora serrata per il lutto d'Arafat e perlustrata solo da una comitiva di turisti giapponesi, tre muratori su un ponteggio a fare da palo. L'attesa dura poco, seduti sui calcinacci d'un colombario pronto per nuovi loculi.
L'uomo delle Brigate Al Aqsa, che da venerdì si chiamano anche Abu Ammar in onore del Grande estinto, sbuca all'ora di pranzo. Tra le lapidi. Ha 29 anni, un passamontagna nero, i denti marci, la pelle sul collo segnata, un giubbotto nero «Dfn», la pistola ben fasciata sul fianco dei jeans. Resta in piedi, pesta nervoso il cemento: «Un quarto d'ora soltanto» concede. Perché in fondo, alla fine di tutto, c'è una cosa sola che gli preme dire: «Vogliamo uccidere Abu Mazen».

Chi è il vostro candidato?
«Le Brigate Al Aqsa-Abu Ammar hanno deciso che alle elezioni presidenziali sosterranno Marwan Barghouti. Noi siamo contro Abu Mazen. Se lo eleggono, non parteciperemo a questo tipo di gestione».

Anche se questo comportasse una nuova hudna , una tregua?
«Noi siamo per il cessate il fuoco, a certe condizioni. Ma Abu Mazen non lo vogliamo. E' un personaggio ambiguo. E' l'opposto di Barghouti, l'unico di cui ci fidiamo».

Perché in questa fase non mandate kamikaze? E' una strategia o siete in difficoltà?
«E' una strategia. Non posso spiegare di più».
Qual è ora la vostra strategia nel partito Fatah?
«Per noi è molto importante avere un leader, non vogliamo che Fatah in questa fase sia emarginata. Faruk Kaddoumi è meglio di Abu Mazen, ma noi preferiamo uno che è stato qui e viene dall'interno del movimento».

Temete che Abu Mazen dica stop all'intifada?
«Sì, lo temiamo. Abu Mazen è un personaggio misterioso, preoccupato solo di conservare il suo potere. Ha già cercato molte volte di fermare le Brigate Al Aqsa. È un uomo corrotto, come Abu Ala».

Come farete a contrastare la sua candidatura alla successione di Arafat?
«La gente delle Brigate deve decidere. Sul come, ci stiamo consultando fra Gaza e tutte le città della Cisgiordania. Abbiamo diversi strumenti a disposizione. Se ci verrà imposto come candidato, noi impediremo questa candidature, la fermeremo».

Con quali mezzi?
«Quello che è successo domenica a Gaza è solo l'inizio. L'attaccheremo. Siamo disposti anche a ucciderlo».
Si va allo scontro. La condanna a morte di Abu Mazen, pronunciata in un cimitero di Betlemme, ha l'eco nella casbah di Nablus dove il leader militare delle Al Aqsa, Nasser Jamaa, dice chiaro che si può arrivare anche all'eliminazione fisica del principale candidato alla presidenza. Un rapporto dell'intelligence israeliana, finito ieri mattina sui giornali, parla d'un piano specifico per ucciderlo. La base lo esige, i vertici l'assecondano: nel pomeriggio esce un documento ufficiale delle Brigate in sostegno al pluriergastolano Marwan Barghouti, il più amato dai sondaggi nei Territori, il capo cisgiordano che gli israeliani hanno condannato per terrorismo e che molti chiamano «il Mandela della Palestina».
Tre ministri dello Stato ebraico hanno già chiarito che Barghouti resterà in carcere, anche da presidente eletto, e sembra d'intuire che le Al Aqsa siano pronte a rilanciare presto l'iniziativa terroristica: sia che Barghouti non accetti la candidatura sia che l'accetti e non vinca sia che vinca e debba rimanere al gabbio. Non tutti sono d'accordo sul nome di Marwan e per esempio c'è Zakaria Zubeidi, capo dei gruppi di Jenin, che chiede cautela: «È dal 2000 che non facciamo dichiarazioni politiche».

L'impopolarità di Abu Mazen, però, da queste parti di gente in armi è fortissima e domenica il segnale della sparatoria di Gaza è stato compreso da tutti: perché fosse chiaro che l'attacco fosse contro il candidato, il commando gli ha anche bruciato l'auto. Si schierano le Al Aqsa, ma anche Hamas e Jihad. «Queste elezioni sono illegali - dicono -. Nient'altro che il prolungamento del processo di Oslo iniziato nel 1993 e fallito da un pezzo». Le due organizzazioni vogliono una leadership unificata e maggiore partecipazione. Abu Mazen risponde che il modo migliore per arrivare a un’alleanza solida sono le elezioni di gennaio, incassa lo scontato ritiro dalla corsa di Mohammed Dahlan, temibile padrone della Striscia, e intanto incontra i capi delle 13 fazioni per avere una pax elettorale. Rimarrà nella tana del lupo (Gaza) fino a venerdì per risalire la china dell'impopolarità: «Il voto - s'è appellato - ha bisogno di sicurezza, stabilità, pace. Non si può votare in una situazione di conflitto». Ma fra le tombe di Betlemme, nei viottoli ribelli di Nablus, il suono è quello di una dichiarazione che cade nel nulla.

Corriere della Sera
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