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Autore Enrico Berlinguer e Bettino Craxi, 2 perdenti che hanno distrutto la Sinistra Italiana / I parte
mariano

Reg.: 01 Nov 2003
Messaggi: 2282
Da: san remo (IM)
Inviato: 17-06-2004 18:57  
mi sono reso conto che quando apro topic un poco eccessivi nella loro lunghezza, questi vengono sistematicamente ignorati.
ho deciso di prevenire la faccenda sottoponendo la questione in + parti (parti omeopatiche) sicchè il topic in argomento risulterà moooolto lungo (da mia parte,ovvio; voi nn so,spero!).
ciao.
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Io accetto il caos, non so se il caos accetta me.

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mariano

Reg.: 01 Nov 2003
Messaggi: 2282
Da: san remo (IM)
Inviato: 17-06-2004 18:58  
Enrico Berlinguer fu un ribelle. Gentile, colto, educato, timido, saggio, moderato.
Però rimase un ribelle x tutta la vita, esattamente come lo era da ragazzo.
Era lui il primo ad ammetterlo:”di solito l’uomo percorre un curioso cammino durante la sua vita: da adolescente rivoluzionario, poi riformista, equilibrato, benpensante, conformista e infine reazionario con la necessaria disponibilità di tempo x combinare i propri danni alla società. Io però sono rimasto sempre lo stesso. E questa è la cosa che + mi rende fiero”
L’impeto di ribellione in Berlinguer scaturì praticamente dall’inizio.
Secondo un verbale redatto dalla polizia datato 28 aprile 1930 tre giovini sassaresi vengono sorpresi vicino ad un manifesto sovversivo firmato da un gruppo clandestino “Giustizia e Libertà” e intitolato “Sorgere e Risorgere dal Fascio”.
I tre vengono perquisiti e fermati, ma in mancanza di prove rilasciati.
Il + giovane del gruppo è nato il 25 maggio del 1922, ha neanche 8 anni e si chiama Enrico Berlinguer: è lui.
Già durante la repressione fascista il giovane Enrico prende parte in forma clandestina al PCd’I (in Sardegna, chissà x quale motivo poi, il PCI si chiamava ancora così) ma anche nei postumi della guerra pratiche come l’antifascismo aristocratico o socialdemocratico (prassi dedita della sua famiglia,salvo lo zio Ettore, un anarchico-marxista, sua guida spirituale, evidentemente), riformismo, moderazione gli vanno stretti: lui sentiva bisogno di sovvertire. Sovvertire idee, comportamenti, persone.
Partì da lontano, da leader della gioventù comunista della sua Sassari distrutta, sino a giungere alla carica di segretario nazionale del Partito Comunista Italiano, carica che coprì x 12 lunghi anni (ma anche + se contiamo il sue vice-segretariato durante l’epoca “Luigi Longo” che inizia già nel ‘69), dal ’72 al ’84 l’anno della sua tragica morte.
Il + grande errore di Berlinguer, che ahinoi è ben proteso e radicato ancor oggi, è stato quello di nn creare un gruppo dirigenziale in grado di sostituirlo e adattarsi alla società in corso.
In effetti a Berlinguer i giovani militanti del partito nn piacevano ma ancor meno gli erano gradi i movimenti di massa (o di dissenso civile come li chiamerebbe quilty..)
in egli fermentava un forte timore che quelle organizzazioni antagoniste (spesso anche alla sua persona) potessero valicare il confine della coscienza democratica e rifluire nel terrorismo: a proposito è doveroso ricordare le parole, x lui inusuali, x mezzo delle quali paragonò il movimento del ’77 al “diccianovismo”, riferendosi ai movimenti ribellisti-nazionalisti del 1919 che poi portarono l’avvento del regime fascista.
Inoltre temeva di perdere l’appiglio di un’intera generazione (cosa che poi è successa con i rifondaioli) che in conseguenza avrebbe poi consegnato all’eredita del PCI insostenibili fratture interne (cosa che poi è successa con i rifondaioli), che x un partito come quello Comunista che elegge a dogma assoluto la cosiddetta “collettività sociale” equivale ad una bestemmia.
L’unico giovane a cui teneva confidare molte delle sue speranza ma soprattutto la sua eredità morale è stato Massimo D’Alema, l’unico attuale dirigente “disciplinato” dallo stesso Enrico Berlinguer.
“D’alema è un ragazzo della generazione del 1968 e conserva buona parte dello spirito ribelle e rivoluzionario di quegli anni, ma è anche un ragazzo di robusta fibra e affidabile formazione comunista. Confido molto in lui.” Così re Enrico definì il giovane d’alema neo-segretario nazionale della Federazione dei Giovani Comunisti Italiani nel 1975
Berlinguer fu un perdente?
Si, lo fu, come tutti i ribelli del resto.
Nulla della sua politica a preso corpo ed evoluto in materia tangibile, niente si concretizzato, nulla ci è rimasto a testimone del suo rigore morale.
X lui risultarono fallimentari tutte le sue esperienze politiche.

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ginestra


Reg.: 02 Mag 2003
Messaggi: 8862
Da: San Nicola la Strada (CE)
Inviato: 18-06-2004 16:15  
Sei impazzito????? Perché dici questo di Enrico?I perdenti sono coloro che non hanno capito, lui fu lungimirante sulla futura economia e sulla baronia delle classi politiche, ma i corrotti avevano ben altro da fare, che ascoltarlo!
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E tu, lenta ginestra,che di selve odorate queste campagne dispogliate adorni, anche tu presto alla crudel possanza soccomberai del sotterraneo foco, che ritornando al loco già noto, stenderà l'avaro lembo su tue molli foreste.......

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