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Autore Psicopatologia da cellulare
Ondina
ex "Plumett"

Reg.: 24 Apr 2003
Messaggi: 2205
Da: Padova (PD)
Inviato: 09-02-2004 23:20  
Da Repubblica di oggi:

Il telefonino forse non provoca nuove patologie,ma certamente amplifica quelle che uno già possiede,le evidenzia,le rende pubbliche,le mostra a tutti.una vera vergogna.
Se fossimo buoni osservatori di noi stessi ,forse,per conoscerci,potremmo risparmiare sulle sedute psicoanalitiche e prestare attenzione all’uso che facciamo del telefonino,che è un grande rivelatore del rapporto che noi abbiamo con la realtà e con gli altri.così almeno pare dalla lettura di un libro istruttivo scritto dallo psicoanalista Luciano di Gregorio, Psicopatologia del cellulare.
Da un punto di vista psicologico il telefonino è un regolatore della distanza e un moderatore della separazione,determinata non solo dalla distanza fisica,ma soprattutto da quella più intollerabile di natura sentimentale che nasce dai vissuti di mancanza e di perdita del contatto con l’altro..
E’ un sentimento questo che abbiamo provato più volte da bambini quando la mamma si assentava.La possibilità che il telefonino ci offre di superare questa distanza e sopperire questa assenza,dice quanto le sindromi infantile sono presenti e attive in noi,e quanto incapaci di superarle,le tamponiamo con il mezzo tecnico.Ma chi è un uomo che non sa tollerare la distanza e l’assenza,ce non sa stare solo con sé,traduce subito la solitudine in un vissuto d’abbandono,quando non addirittura di una perdita d’identità?
“Pur avendo il telefonino sempre acceso non mi chiama nessuno,quindi non sono nessuno”.I sentimenti non hanno mediazioni razionali,il loro modo di procedere è da corto circuito.Le conclusioni arrivano presto.E allora mettiamoci noi a telefonare,non perché abbiamo davvero qualcosa da dire,ma per soddisfare un bisogno di sicurezza incrinato,da ricostruire con contatti continui,per non dire compulsivi.Non tolleriamo la distanza,non sopportiamo l’assenza,viviamo come dono degli altri,come loro concessione,in uno stato di dipendenza parziale o totale,che la dice lunga sul nostro stato infantile e sulla nostra mancanza di autonomia.
Sappiamo però che l’infanzia non conosce solo la dipendenza,ma anche l’onnipotenza. Un’onnipotenza magica,che forse compensa la dipendenza reale del bambino nei confronti degli adulti che lo aiutano a crescere.Il telefonino soddisfa anche il bisogno infantile di onnipotenza,garantendo illusoriamente il dominio e il controllo delle persone che ci interessano,con conseguente ridimensionamento dell’ansia ad essi connessa.
Ciò comporta che le nostre capacità interiori di gestire ansie e conflitti si indeboliscano progressivamente al loro posto subentra quella sorta di delirio di onnipotenza ce ci dà l’illusione,ma non più che l’illusione,di poter controllare la realtà a distanza con la semplice attivazione di un auricolare.Col telefonino trasformiamo così una condizione di reale impotenza,che alimenta in noi una tensione emotiva,in un gioco illusorio di dominio sul mondo.
Non tolleriamo la distanza,non sopportiamo l’assenza,viviamo come dono degli altri,come loro concessione,in uno stato di dipendenza parziale o totale,che la dice lunga sul nostro stato infantile e sulla nostra mancanza di autonomia.
Ma qui il rimedio è peggio del male perché,se per placare l’ansia abbiamo bisogno del controllo,il controllo a sua volta alimenta i nostri vissuti paranoici,per cui incontentabili diventano le verifiche sulla vita delle persone che ci interessano,sui luoghi che frequentano,sugli spostamenti che effettuano nell’arco della giornata,,sulle persone che incontrano e sulle cose che fanno in nostra assenza.

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gmgregori

Reg.: 31 Dic 2002
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Da: Milano (MI)
Inviato: 09-02-2004 23:35  
Winnicott ci sarebbe andato a nozze.

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gmgregori

Reg.: 31 Dic 2002
Messaggi: 4790
Da: Milano (MI)
Inviato: 10-02-2004 18:37  
e luciano Gregorio è furbo, quando c'è di mezzo la psicanalisi si può dire tutto su tutto.
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la bruttura del vuoto è tanto profonda fin quando, cadendo, non ti accorgi di poterti ripigliare. I ganci fanno male, portano ferite, ma correre e faticare per poi giorie è un obbiettivo per cui vale la pena soffrire.
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