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Autore Coerenza (lettera al Messaggero di Roma)
gatsby

Reg.: 21 Nov 2002
Messaggi: 15032
Da: Roma (RM)
Inviato: 21-07-2003 18:38  
Giovedì 17 Luglio 2003 Chiudi


Coerenza



Signor Gervaso, leggendola abitualmente ho notato che spesso lei insiste sulla coerenza politica e ideale. La sua è una bellissima battaglia, encomiabile in un Paese nel quale la mancanza di coerenza (fatte le debite, nobili e non rare eccezioni) è alla base dei rapporti sociali. Tuttavia, è proprio la coerenza che stabilisce quegli aspetti della vita in comune che possono definirsi civili.
Senza coerenza non può esserci civiltà. Ci possono essere rapporti più o meno improntati a tolleranza e benevolenza (l'italiano medio, da questo punto di vista, è uno dei popoli migliori, criminalità organizzata a parte), ma non può esserci quella interconnessione fra le parti sociali che costituisce una società civile.
Giorgio Vitali - Roma
Le virtù sono tante, come i vizi. Le più rare, quindi le più apprezzabili, almeno da me e, immagino, anche da lei, sono il coraggio e la coerenza, che presuppone una buona dose di quello.
Perché la coerenza è così rara? Perché è scomoda, vincolata a scelte che non possono, né devono, essere tradite o eluse. La coerenza ci fa dire e ci fa fare oggi quello che dicevamo e facevamo ieri, ma anche quello che diremo e faremo domani. La coerenza non ci dà scampo, perché non ci offre facili vie di fuga, opportunistici ripensamenti.
Se tutti possedessero questa virtù, eroica proprio perché così rara, non ci sarebbero in giro tanti voltagabbana. Genia detestabile, ma che fa massa, diventando una forza storica con cui bisogna far i conti (e non sono conti facili).
Di versipelle il nostro Paese è pieno. E non solo fra i politici, quasi tutti trasformisti nati. C'è chi (per carità di patria le risparmio i nomi) nell'arco di un paio di legislature, ha cambiato una decina di gabbane. E non con gesuitica discrezione, ma con spavalda improntitudine, rivendicando quella mutevolezza di giudizio che non è ripudio di un errore, ma cinico calcolo. È passato dalla destra alla sinistra - o viceversa - non perché la sinistra o la destra rappresentassero le sue idee o i suoi ideali (di tutte le parole grosse, la più grossa e la più screditata), ma perché qua sperava di trovare quello che là gli era stato negato. Se il nuovo schieramento lo delude, senza pensarci due volte, simulando quelle crisi di coscienza così facili in chi non ce l'ha, o non ne ha abbastanza, si butta al centro, in attesa di tempi migliori che potrebbero risospingerlo a destra o a sinistra. Solo chi non crede in niente può fingere di credere in tutto. E se è abile e fortunato, troverà sempre qualcuno che lo prenderà sul serio.
Gli intellettuali non sono dammeno. Anzi, sono molto peggio. Se pochi non hanno mai tradito la propria fede, non importa se giusta o sbagliata, in essa si sono riconosciuti e per essa si sono battuti e si battono, i più non chiedono che di servire un padrone. Se sotto il fascismo si chiamava Mussolini, caduti quel regime e il suo tribunizio fondatore, si chiamerà partito o sindacato. Partito comunista e sindacato fiancheggiatore, il più forte, il più agguerrito, il più serio.
Togliatti, leader algido e carismatico, e astutissimo stratega, conosceva bene i suoi polli. Era un intellettuale anche lui, e l'ideologia che rappresentava era la sola, in Italia, nell'Italia del dopoguerra, ad attrarre gli uomini cosiddetti di pensiero. E non perché condividessero questa ideologia, ma perché chi la sposava otteneva in cambio galloni, stipendi, premi, protezioni. Un do ut des che rese il Pci invincibile sul piano culturale.
L'egemonia del "Bottegone" sul giornalismo, sull'editoria, sulle giurie dei premi letterari, nelle accademie, per quasi mezzo secolo fu assoluta e incontrastata. Chi non stava da quella parte, non stava da nessuna. Fu in quel periodo, durato a lungo, molto a lungo, troppo a lungo, che la coerenza degli intellettuali fu messa più duramente alla prova. Chi non si atteggiava pubblicamente a progressista, salvo, nella vita privata, fare i propri comodi e comodacci, riempiendosi la bocca, oltre che di "democratiche istanze", di caviale Beluga e di dom Perignon, chi non faceva tutto questo, veniva sprezzantemente emarginato e ferocemente boicottato. Furono anni bui, resi ancora più foschi dalle prediche dei moralisti, i girella più spericolati e spudorati. Molti già fascisti o ex democristiani, che denunciavano negli altri i loro stessi vizi per meglio nasconderli.
In questo Paese, che dalla caduta dell'Impero romano non ha quasi mai finito una guerra con lo stesso alleato, tradito con il nemico vittorioso, invocato come liberatore, il trasformismo è l'industria più redditizia. Un'industria che dà lavoro a chiunque lo cerchi a buon mercato, senza correre troppi rischi e, quel che più conta, garantendosi futuri e pingui benefici.



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Qualunque destino, per lungo e complicato che sia, consta in realtà di un solo momento : quello in cui l'uomo sa per sempre chi è

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xander77

Reg.: 12 Ott 2002
Messaggi: 2521
Da: re (RE)
Inviato: 21-07-2003 19:14  
Una lettera che fa riflettere e in cui ci sono parti condivisibili, peccato per l'acida frecciata verso il pci e i suoi intellettuali: di poseurs approfittatori e opportunististi ce ne sono sicuramente stati come ce ne sono al giorno d'oggi, ma all'ombra del bottegone c'erano tanti (la maggioranza) intellettuali convinti delle proprie idee e che guardacaso con la loro arte andavano verso i loro ideali con convinzione, onestà e coerenza ( eccola la parolona odiosa e strausata):Calvino, Vittorini, Pasolini, sono i primi nomi che mi vengono in mente. Guardacaso talmente attaccati alle loro idee (e non alle ideologie di convenienza) da allontanarsi (o essere alontanati ahimè) dal partito quando le scelte storico-politice della dirigenza sono andate a cozzare contro il loro pensiero.
Curioso che come esempio molto più eclatante di voltagabbanismo o di opprtunismo intellettuale non venga citato l'obbligo di iscriversi al partito fascista dei professori universitari italiani una volta che Mussolini salì al potere: soli in pochi, pochissimi si opposero e rifiutarono...
Morale: la coerenza è sempre una nobile virtù, non credete però che per radicarsi debba poggiare i piedi in una solida memoria storica?

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