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Autore Babel - Inarritu parte terza
gatsby

Reg.: 21 Nov 2002
Messaggi: 15032
Da: Roma (RM)
Inviato: 09-11-2006 14:00  
Comunque mi sono messo ora a controllare se fossi io l'unico a trovare questi difetti nel film: tra le parecchi opinioni postive fatte a questo film dalla "critica", alcune dicono esattamnet quello che dico io (è la prima volta che le leggo, non l'avevo fatto nenahe prima di andare al cinema):

Chiara Renda di mymovies:" ...Tutto ciò che rendeva duro, amaro e doloroso il cinema dell’aspro regista messicano è qui ripulito, addolcito e riverniciato da una patina visiva, ma anche narrativa, classicamente hollywoodiana. La tensione emotiva lascia spazio a una programmatica cerebralità, a un estetismo fin troppo raffinato e compiaciuto, e a una costruzione macchinosamente architettata in cui nulla può essere lasciato al caso...Questa d’altronde sembra essere la tendenza delle storie corali che piacciono a Hollywood, a giudicare anche dal pluripremiato Crash di Paul Haggis, artificiosa e meccanica degenerazione della coralità sbandata e alla deriva dell’America oggi altmaniana. Non ci si stupisce dunque di fronte all’appesantimento retorico della coppia messicana corteggiata da Hollywood (Iñarritu/Arriaga) che, allargando il raggio d’azione della storia e forzandone i destini, ha perso in istintività e pulsione emotiva. Che gusto c’è nel comporre un puzzle in cui tutti i pezzi combaciano senza intoppi?"

Fabio Ferzetti di Il messaggero: Nell'applaudito Babel il messicano Alejandro Gonzalez Inarritu dilata su scala planetaria il "plot" a incastri di Amores perros e 21 grammi. Se un fucile spara in Marocco è perché un giorno un giapponese ha fatto un dono avventato. Se giocando con quel fucile due pastorelli feriscono gravemente una turista americana, nessuno pensa a un caso ma scatta l'allarme terrorismo internazionale. E se una tata messicana per festeggiare le nozze del figlio ha la sventatezza di portare oltre confine i due bambini californiani che le sono affidati, ecco l'inevitabile affondo sull'immigrazione clandestina e il razzismo yankee. Con un tocco di barbarie latina per non esser troppo manichei.
Il segmento migliore (il meno "telefonato") è quello giapponese, dove una giovane sordomuta si comporta da ninfomane per sete di comunicazione e di affetto. Il resto è pura legge di Murphy: se una cosa può andare storta lo farà. Così fra Messico, Usa, Tokio e Marocco, il ricatto dei sentimenti si intreccia a quello del dolore fisico. Mentre Cate Blanchett aspetta soccorsi in un paesino dell'Atlante, il marito Brad Pitt affronta l'egoismo e l'arroganza degli altri occidentali (gli indigeni sono ovviamente più generosi...), ignaro che nel frattempo i figlioletti rischiano la vita sul confine messicano. Anche se la tragedia peggiore si abbatte sulla famiglia dei pastorelli, perché siamo in una parabola biblica e chi sbaglia paga. Il tutto inserito in un gioco ad incastri così insistito da farsi dimostrativo e alla lunga soffocante (i "cattivi" sono i soliti: poliziotti, americani, turisti...). Il pubblico applaude. Ma dietro la forma cronometrica e brillante traspare il fantasma del vecchio e aborrito film a tesi.

Massimo Cabona di Il giornale: Festival offrono agli spettatori forti dosi di disgrazie, perché sceneggiatori, registi e attori hanno constatato che porta premi. Se fossero contemporanei, Chaplin e Lubitsch, Preston Sturges e Billy Wilder, capaci di far ridere dicendo cose tristi, avrebbero problemi a vincere qualcosa.
Cannes quest'anno ha rinviato il filone-disgrazie nella seconda settimana, ma ciò ha solo reso più rude il cumulo di sventure sugli schermi ieri. Su tutti, brilla Babel di Alejandro González Iñárritu, rifacimento su scala mondiale d'un altro film da Festival, ambientato negli Stati Uniti, 21 grammi anche quello di Alejandro González Iñárritu. Si noti che Babel è scritto da Guillermo Arriaga, l'anno scorso premiato a Cannes per la sceneggiatura di Tre sepolture di e con Tommy Lee Jones, anche quello notevole nel filone. Con un simile cursus honorum, si poteva dire no a Babel, interpretato per giunta da Brad Pitt, Cate Blanchett, Gael Garcìa Bernal e distribuito dalla Paramount? Non si poteva. Perfetto sulla carta, imperfetto sullo schermo, Babel vede Pitt e la Blanchett interpreti di uno dei tre episodi che si intersecano: quello della coppia americana in crisi, che ha perso un neonato per soffocamento e che va in vacanza in Marocco per dimenticare. Ma c'è l'emulo locale dei lanciatori di sassi dai cavalcavia delle autostrade italiane: è un ragazzino arabo che, sparando a un torpedone, centra la Blanchett. Questa prima disavventura annuncia le altre. Innanzitutto con quella degli sparatori, scambiati per terroristi, anziché per idioti, e trattati di conseguenza. Mentre la Blanchett si dissangua e Pitt si dispera, i loro due figlioletti vengono portati in Messico da un'affezionata ma scriteriata bambinaia messicana (Adriana Barraza), diretta a una festa di nozze in Messico, incurante d'essere un'immigrata cladestina negli Stati Uniti e di poter essere fermata al confine. Come accade. Ed ecco il terzo dramma, quello di chi ha indirettamente armato l'idiota marocchino. Non è un emissario di Bin Laden, ma un ricco giapponese (Koji Yakusho), sospettato d'avere ucciso la moglie, che vive con la figlia sordomuta, edipica (Rinko Kikuchi) e forse vera assassina della madre...
Avulso dal resto, l'episodio giapponese sembra messo nel film solo per venderlo su quel mercato. Durante la proiezione per la stampa, perfino l'operatore deve averne sentito l'inutilità, tant'è vero che, dopo due delle due ore e mezza di lutti, ha rimontato la bobina precedente. Sono occorsi minuti perché i critici lo capissero, perché González Iñárritu in effetti ripete le scene, anche se da angolazioni diverse. Ma il dubbio che avesse voluto ribadire quel punto era lecito. Cose che capitano ai registi che si sentono autori.


Paolo Mereghetti: Ci sono dei film dove il regista sembra mettersi al servizio dei suoi personaggi, quasi a darci l' impressione che i protagonisti di quei film siano sempre «esistiti», e che il compito della macchina da presa sia quello di registrare una parte del loro cammino. Ci sono dei film, invece, dove tutto - la storia, i personaggi, i luoghi, persino le battute - sembrano essere solo al servizio del regista e della sua voglia di stupire. Lui diventa una specie di burattinaio che tira i fili, che cambia i fondali, che apre e chiude il sipario a piacere, mentre l' obiettivo della cinepresa si trasforma in un succedaneo dell' «occhio di Dio», onnisciente e onnipresente. Il regista Alejandro Gonzáles Iñárritu fa parte di questa seconda categoria. E lo sceneggiatore Guillermo Arriaga è il suo fido scudiero. Davanti ai film che hanno fatto insieme si ha la sensazione che la loro preoccupazione principale non sia quella di scegliere che storia raccontare, ma piuttosto di come raccontarla. Anzi, di come smontarla e ingarbugliarla. Sullo schermo il flusso del racconto è spezzato e sospeso, la linearità del tempo negata e modificata e solo il regista sembra possedere le informazioni necessarie per tenere insieme le varie storie, per seguire tutti i fili della trama. Succedeva in Amores perros, succedeva in 21 grammi, succede in Babel, premiato a Cannes con la palma per la miglior regia.... Per Iñárritu e Arriaga il tempo e lo spazio sembrano due variabili senza alcun valore, se non quello di poter sottolineare - per contrasto - l' occhio onnisciente del regista che salta tra un «prima» e un «dopo», tra un «qui» e un «altrove», mostrando rappresentazioni sempre parziali della realtà. Perché, viene da chiedersi. Non certo per sottolineare la complessità del reale, visto che alla fine, rimesse le storie nel loro giusto ordine, tutto appare semplice e chiaro; magari un po' iettatorio e classista (naturalmente sono i poveri a pagare le conseguenze più dure) ma per niente complicato. Persino la «lontanissima» sordomuta giapponese finisce per acquietare il proprio malessere in una rassicurante stretta di mano. Ed è pretestuoso tirare in ballo l' «effetto farfalla» (un battito d' ali in Giappone provoca un terremoto in America...) e la teoria del caos, dove piccole variazioni nelle condizioni iniziali di un sistema produrrebbero grandi variazioni nel comportamento a lungo termine dello stesso, perché quella coppia, quella domestica e quella sordomuta non rappresentano un «sistema» ma solo le facce casuali di un' umanità schiacciata dalla paura (i turisti americani e i loro compagni di viaggio), dalla burocrazia (la domestica messicana), dalla solitudine (la sordomuta giapponese). Piuttosto viene da pensare che tutta questa messa in scena serva solo a far colpo sullo spettatore, per «stordirlo» con l' idea di un destino cinico e cieco e con il ricatto un po' moralista della cattiveria del mondo. Persino le prove degli attori finiscono per essere schiacciate da questa frammentazione, finendo per annullare l' intensità di alcuni buoni momenti (specie di Brad Pitt). Senza lasciare mai la possibilità di verificare se qualche cosa non quadra, se il film «bara» nel [ raccontare la realtà (per esempio: come fanno i due pastori a non interrogarsi sulle conseguenze del loro tirassegno? Che diplomatico è quello che blocca l' arrivo di un' ambulanza per privilegiare un elicottero che si rivela molto più lento?).
b]E così, bombardati da colpi di scena e disgrazie varie, si finisce per prendere per buono un cinema che fondamentalmente sembra voler giocare con i nostri sensi di colpa.

quest'ultima di Mereghetti, che leggo mentre posto, è davvero perfetta.

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Qualunque destino, per lungo e complicato che sia, consta in realtà di un solo momento : quello in cui l'uomo sa per sempre chi è

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gatsby

Reg.: 21 Nov 2002
Messaggi: 15032
Da: Roma (RM)
Inviato: 09-11-2006 14:02  
quote:
In data 2006-11-09 13:56, Schizobis scrive:
quote:
In data 2006-11-09 12:58, bunch311 scrive:






si però visto che si può parlare qui del film ,cominciare ad offendersi non ha senso. Parliamo del fuilm e sul resto, per cortesia, ignoratevi.
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Schizobis

Reg.: 13 Apr 2006
Messaggi: 1658
Da: Aosta (AO)
Inviato: 09-11-2006 14:09  
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In data 2006-11-09 14:02, gatsby scrive:
quote:
In data 2006-11-09 13:56, Schizobis scrive:
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In data 2006-11-09 12:58, bunch311 scrive:






si però visto che si può parlare qui del film ,cominciare ad offendersi non ha senso. Parliamo del fuilm e sul resto, per cortesia, ignoratevi.




Si, però mi devi spiegare cosa c'entra Shakespeare.
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True love waits...

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Ahsaas

Reg.: 18 Apr 2006
Messaggi: 779
Da: Parma - India (es)
Inviato: 09-11-2006 14:28  
quote:
In data 2006-11-09 14:00, gatsby scrive:
Comunque mi sono messo ora a controllare se fossi io l'unico a trovare questi difetti nel film: tra le parecchi opinioni postive fatte a questo film dalla "critica", alcune dicono esattamnet quello che dico io (è la prima volta che le leggo, non l'avevo fatto nenahe prima di andare al cinema):

Chiara Renda di mymovies:" ...Tutto ciò che rendeva duro, amaro e doloroso il cinema dell’aspro regista messicano è qui ripulito, addolcito e riverniciato da una patina visiva, ma anche narrativa, classicamente hollywoodiana. La tensione emotiva lascia spazio a una programmatica cerebralità, a un estetismo fin troppo raffinato e compiaciuto, e a una costruzione macchinosamente architettata in cui nulla può essere lasciato al caso...Questa d’altronde sembra essere la tendenza delle storie corali che piacciono a Hollywood, a giudicare anche dal pluripremiato Crash di Paul Haggis, artificiosa e meccanica degenerazione della coralità sbandata e alla deriva dell’America oggi altmaniana. Non ci si stupisce dunque di fronte all’appesantimento retorico della coppia messicana corteggiata da Hollywood (Iñarritu/Arriaga) che, allargando il raggio d’azione della storia e forzandone i destini, ha perso in istintività e pulsione emotiva. Che gusto c’è nel comporre un puzzle in cui tutti i pezzi combaciano senza intoppi?"

Fabio Ferzetti di Il messaggero: Nell'applaudito Babel il messicano Alejandro Gonzalez Inarritu dilata su scala planetaria il "plot" a incastri di Amores perros e 21 grammi. Se un fucile spara in Marocco è perché un giorno un giapponese ha fatto un dono avventato. Se giocando con quel fucile due pastorelli feriscono gravemente una turista americana, nessuno pensa a un caso ma scatta l'allarme terrorismo internazionale. E se una tata messicana per festeggiare le nozze del figlio ha la sventatezza di portare oltre confine i due bambini californiani che le sono affidati, ecco l'inevitabile affondo sull'immigrazione clandestina e il razzismo yankee. Con un tocco di barbarie latina per non esser troppo manichei.
Il segmento migliore (il meno "telefonato") è quello giapponese, dove una giovane sordomuta si comporta da ninfomane per sete di comunicazione e di affetto. Il resto è pura legge di Murphy: se una cosa può andare storta lo farà. Così fra Messico, Usa, Tokio e Marocco, il ricatto dei sentimenti si intreccia a quello del dolore fisico. Mentre Cate Blanchett aspetta soccorsi in un paesino dell'Atlante, il marito Brad Pitt affronta l'egoismo e l'arroganza degli altri occidentali (gli indigeni sono ovviamente più generosi...), ignaro che nel frattempo i figlioletti rischiano la vita sul confine messicano. Anche se la tragedia peggiore si abbatte sulla famiglia dei pastorelli, perché siamo in una parabola biblica e chi sbaglia paga. Il tutto inserito in un gioco ad incastri così insistito da farsi dimostrativo e alla lunga soffocante (i "cattivi" sono i soliti: poliziotti, americani, turisti...). Il pubblico applaude. Ma dietro la forma cronometrica e brillante traspare il fantasma del vecchio e aborrito film a tesi.

Massimo Cabona di Il giornale: Festival offrono agli spettatori forti dosi di disgrazie, perché sceneggiatori, registi e attori hanno constatato che porta premi. Se fossero contemporanei, Chaplin e Lubitsch, Preston Sturges e Billy Wilder, capaci di far ridere dicendo cose tristi, avrebbero problemi a vincere qualcosa.
Cannes quest'anno ha rinviato il filone-disgrazie nella seconda settimana, ma ciò ha solo reso più rude il cumulo di sventure sugli schermi ieri. Su tutti, brilla Babel di Alejandro González Iñárritu, rifacimento su scala mondiale d'un altro film da Festival, ambientato negli Stati Uniti, 21 grammi anche quello di Alejandro González Iñárritu. Si noti che Babel è scritto da Guillermo Arriaga, l'anno scorso premiato a Cannes per la sceneggiatura di Tre sepolture di e con Tommy Lee Jones, anche quello notevole nel filone. Con un simile cursus honorum, si poteva dire no a Babel, interpretato per giunta da Brad Pitt, Cate Blanchett, Gael Garcìa Bernal e distribuito dalla Paramount? Non si poteva. Perfetto sulla carta, imperfetto sullo schermo, Babel vede Pitt e la Blanchett interpreti di uno dei tre episodi che si intersecano: quello della coppia americana in crisi, che ha perso un neonato per soffocamento e che va in vacanza in Marocco per dimenticare. Ma c'è l'emulo locale dei lanciatori di sassi dai cavalcavia delle autostrade italiane: è un ragazzino arabo che, sparando a un torpedone, centra la Blanchett. Questa prima disavventura annuncia le altre. Innanzitutto con quella degli sparatori, scambiati per terroristi, anziché per idioti, e trattati di conseguenza. Mentre la Blanchett si dissangua e Pitt si dispera, i loro due figlioletti vengono portati in Messico da un'affezionata ma scriteriata bambinaia messicana (Adriana Barraza), diretta a una festa di nozze in Messico, incurante d'essere un'immigrata cladestina negli Stati Uniti e di poter essere fermata al confine. Come accade. Ed ecco il terzo dramma, quello di chi ha indirettamente armato l'idiota marocchino. Non è un emissario di Bin Laden, ma un ricco giapponese (Koji Yakusho), sospettato d'avere ucciso la moglie, che vive con la figlia sordomuta, edipica (Rinko Kikuchi) e forse vera assassina della madre...
Avulso dal resto, l'episodio giapponese sembra messo nel film solo per venderlo su quel mercato. Durante la proiezione per la stampa, perfino l'operatore deve averne sentito l'inutilità, tant'è vero che, dopo due delle due ore e mezza di lutti, ha rimontato la bobina precedente. Sono occorsi minuti perché i critici lo capissero, perché González Iñárritu in effetti ripete le scene, anche se da angolazioni diverse. Ma il dubbio che avesse voluto ribadire quel punto era lecito. Cose che capitano ai registi che si sentono autori.


Paolo Mereghetti: Ci sono dei film dove il regista sembra mettersi al servizio dei suoi personaggi, quasi a darci l' impressione che i protagonisti di quei film siano sempre «esistiti», e che il compito della macchina da presa sia quello di registrare una parte del loro cammino. Ci sono dei film, invece, dove tutto - la storia, i personaggi, i luoghi, persino le battute - sembrano essere solo al servizio del regista e della sua voglia di stupire. Lui diventa una specie di burattinaio che tira i fili, che cambia i fondali, che apre e chiude il sipario a piacere, mentre l' obiettivo della cinepresa si trasforma in un succedaneo dell' «occhio di Dio», onnisciente e onnipresente. Il regista Alejandro Gonzáles Iñárritu fa parte di questa seconda categoria. E lo sceneggiatore Guillermo Arriaga è il suo fido scudiero. Davanti ai film che hanno fatto insieme si ha la sensazione che la loro preoccupazione principale non sia quella di scegliere che storia raccontare, ma piuttosto di come raccontarla. Anzi, di come smontarla e ingarbugliarla. Sullo schermo il flusso del racconto è spezzato e sospeso, la linearità del tempo negata e modificata e solo il regista sembra possedere le informazioni necessarie per tenere insieme le varie storie, per seguire tutti i fili della trama. Succedeva in Amores perros, succedeva in 21 grammi, succede in Babel, premiato a Cannes con la palma per la miglior regia.... Per Iñárritu e Arriaga il tempo e lo spazio sembrano due variabili senza alcun valore, se non quello di poter sottolineare - per contrasto - l' occhio onnisciente del regista che salta tra un «prima» e un «dopo», tra un «qui» e un «altrove», mostrando rappresentazioni sempre parziali della realtà. Perché, viene da chiedersi. Non certo per sottolineare la complessità del reale, visto che alla fine, rimesse le storie nel loro giusto ordine, tutto appare semplice e chiaro; magari un po' iettatorio e classista (naturalmente sono i poveri a pagare le conseguenze più dure) ma per niente complicato. Persino la «lontanissima» sordomuta giapponese finisce per acquietare il proprio malessere in una rassicurante stretta di mano. Ed è pretestuoso tirare in ballo l' «effetto farfalla» (un battito d' ali in Giappone provoca un terremoto in America...) e la teoria del caos, dove piccole variazioni nelle condizioni iniziali di un sistema produrrebbero grandi variazioni nel comportamento a lungo termine dello stesso, perché quella coppia, quella domestica e quella sordomuta non rappresentano un «sistema» ma solo le facce casuali di un' umanità schiacciata dalla paura (i turisti americani e i loro compagni di viaggio), dalla burocrazia (la domestica messicana), dalla solitudine (la sordomuta giapponese). Piuttosto viene da pensare che tutta questa messa in scena serva solo a far colpo sullo spettatore, per «stordirlo» con l' idea di un destino cinico e cieco e con il ricatto un po' moralista della cattiveria del mondo. Persino le prove degli attori finiscono per essere schiacciate da questa frammentazione, finendo per annullare l' intensità di alcuni buoni momenti (specie di Brad Pitt). Senza lasciare mai la possibilità di verificare se qualche cosa non quadra, se il film «bara» nel [ raccontare la realtà (per esempio: come fanno i due pastori a non interrogarsi sulle conseguenze del loro tirassegno? Che diplomatico è quello che blocca l' arrivo di un' ambulanza per privilegiare un elicottero che si rivela molto più lento?).
b]E così, bombardati da colpi di scena e disgrazie varie, si finisce per prendere per buono un cinema che fondamentalmente sembra voler giocare con i nostri sensi di colpa.


quest'ultima di Mereghetti, che leggo mentre posto, è davvero perfetta.





aiuto. se devi citare qualcuno almeno cita qualcuno di figo, mica mereghetti!
e l'ho pure detto, che comunque le cose che hai detto sono le stesse cose che da sempre i critici che non apprezzano Inarritu gli rivolgono. Ed è la classica vecchia storia, quindi non vedo nè interesse nè stimolo a leggere questa gentaccia, di cui mi fido ancora meno che la gente di questo forum.

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"E' FINITA" SI DICE ALLA FINE

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Ahsaas

Reg.: 18 Apr 2006
Messaggi: 779
Da: Parma - India (es)
Inviato: 09-11-2006 14:31  
quote:
In data 2006-11-09 14:09, Schizobis scrive:
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In data 2006-11-09 14:02, gatsby scrive:
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In data 2006-11-09 13:56, Schizobis scrive:
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In data 2006-11-09 12:58, bunch311 scrive:






si però visto che si può parlare qui del film ,cominciare ad offendersi non ha senso. Parliamo del fuilm e sul resto, per cortesia, ignoratevi.




Si, però mi devi spiegare cosa c'entra Shakespeare.




no Shakespeare ci sta appieno guarda. Proprio ora dove le arti sono più che mai globalizzate. Si discute di tragedia gratuita, ed è uno degli stimoli che il Cinema ha sempre ricavato dal teatro (dalla Tragedia Greca arrivando a Shakespeare).
Dunque se ci lamentiamo di Babel, di questi casi forzatamente disperati, allora sputiamo anche sopra tutta la tragedia che l'arte ci ha offerto. Cinema o non Cinema, è tutto cazzutamente gratuito.
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http://www.positifcinema.com/

[ Questo messaggio è stato modificato da: Ahsaas il 09-11-2006 alle 14:33 ]

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Schizobis

Reg.: 13 Apr 2006
Messaggi: 1658
Da: Aosta (AO)
Inviato: 09-11-2006 14:36  
Dai lo sai benissimo che è importante non solo il contenuto ma anche la forma con cui il contenuto è espresso.
Shakespeare nel suo campo esprime il contenuto tragico in una forma teatrale ineccepibile.
Inarritu esprime un contenuto melodrammatico-retorico in una forma assolutamente ridondante e sospetta (captatio benevolentiae)
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gatsby

Reg.: 21 Nov 2002
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Da: Roma (RM)
Inviato: 09-11-2006 14:41  
Nancy, secondo me tu non cosnosci nè òa tragedia greca nè Shakespeare, perchè questo accostamnete non ha davvero senso.
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Qualunque destino, per lungo e complicato che sia, consta in realtà di un solo momento : quello in cui l'uomo sa per sempre chi è

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gatsby

Reg.: 21 Nov 2002
Messaggi: 15032
Da: Roma (RM)
Inviato: 09-11-2006 14:44  
Piermaria Bocchi gli da 3 e Fornara, ma non trovo nulla da loro scritto a proposito.

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E la nuvola chiese alla pioggerellina: "E tu, cosa farai da grandine?".

Il "peggior" blog di cinema: Ammazza la vecchia!!!

[ Questo messaggio è stato modificato da: gatsby il 09-11-2006 alle 14:45 ]

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bunch311

Reg.: 20 Gen 2005
Messaggi: 430
Da: roma (RM)
Inviato: 09-11-2006 14:55  
quote:
In data 2006-11-09 14:36, Schizobis scrive:
Dai lo sai benissimo che è importante non solo il contenuto ma anche la forma con cui il contenuto è espresso.
Shakespeare nel suo campo esprime il contenuto tragico in una forma teatrale ineccepibile.
Inarritu esprime un contenuto melodrammatico-retorico in una forma assolutamente ridondante e sospetta (captatio benevolentiae)


tanto qi rimaniamo tutti delle proprie opinioni,secondo me il film vale,è motato benissimo,girato altrettanto bene(vedi scena della discoteca)non casca nel tranello almodoviano di mettere in scena storie al limite dell'esistenza per dar forma alle emozioni.
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"tutti sognamo di tornare bambini,anche i peggiori di noi,anzi forse loro lo sognano più di tutti" il mucchio selvaggio

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Ahsaas

Reg.: 18 Apr 2006
Messaggi: 779
Da: Parma - India (es)
Inviato: 09-11-2006 14:56  
quote:
In data 2006-11-09 14:36, Schizobis scrive:
Dai lo sai benissimo che è importante non solo il contenuto ma anche la forma con cui il contenuto è espresso.
Shakespeare nel suo campo esprime il contenuto tragico in una forma teatrale ineccepibile.
Inarritu esprime un contenuto melodrammatico-retorico in una forma assolutamente ridondante e sospetta (captatio benevolentiae)




ma è importante soprattutto la forma. e Inarritu è un cazzone di virtuoso allucinato con la macchina da presa. e si, è ridondante, è fottutamente ridondanteeee assordante accecante. più di così, che cazzo d'altri stimoli volete
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bunch311

Reg.: 20 Gen 2005
Messaggi: 430
Da: roma (RM)
Inviato: 09-11-2006 14:57  
quote:
In data 2006-11-09 14:41, gatsby scrive:
Nancy, secondo me tu non cosnosci nè òa tragedia greca nè Shakespeare, perchè questo accostamnete non ha davvero senso.


se qui si fa un processo alle motivazioni narrative di arriaga e inarritu il richiamo alla tragedia di shakespeare ci sta piu che bene.
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Ahsaas

Reg.: 18 Apr 2006
Messaggi: 779
Da: Parma - India (es)
Inviato: 09-11-2006 14:57  
quote:
In data 2006-11-09 14:44, gatsby scrive:
Piermaria Bocchi gli da 3 e Fornara, ma non trovo nulla da loro scritto a proposito.

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E la nuvola chiese alla pioggerellina: "E tu, cosa farai da grandine?".

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[ Questo messaggio è stato modificato da: gatsby il 09-11-2006 alle 14:45 ]



se vabbè, ed emanuela martini 7 o 8 non ricordo. e allora?
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Schizobis

Reg.: 13 Apr 2006
Messaggi: 1658
Da: Aosta (AO)
Inviato: 09-11-2006 15:31  
quote:
In data 2006-11-09 14:56, Ahsaas scrive:
quote:
In data 2006-11-09 14:36, Schizobis scrive:
Dai lo sai benissimo che è importante non solo il contenuto ma anche la forma con cui il contenuto è espresso.
Shakespeare nel suo campo esprime il contenuto tragico in una forma teatrale ineccepibile.
Inarritu esprime un contenuto melodrammatico-retorico in una forma assolutamente ridondante e sospetta (captatio benevolentiae)




ma è importante soprattutto la forma. e Inarritu è un cazzone di virtuoso allucinato con la macchina da presa. e si, è ridondante, è fottutamente ridondanteeee assordante accecante. più di così, che cazzo d'altri stimoli volete




Ok a te piace la ridondanza barocca.
Sta bene, a me no.
Non mi stimola, anzi si mi stimola la peristalsi intestinale e mi fa correre al cesso.


Ma lasciamo in pace Shakespeare.

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gatsby

Reg.: 21 Nov 2002
Messaggi: 15032
Da: Roma (RM)
Inviato: 09-11-2006 16:09  
quote:
In data 2006-11-09 14:57, Ahsaas scrive:
quote:
In data 2006-11-09 14:44, gatsby scrive:
Piermaria Bocchi gli da 3 e Fornara, ma non trovo nulla da loro scritto a proposito.

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E la nuvola chiese alla pioggerellina: "E tu, cosa farai da grandine?".

Il "peggior" blog di cinema: Ammazza la vecchia!!!

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se vabbè, ed emanuela martini 7 o 8 non ricordo. e allora?



non lo so, sei te quello che voleva critici fighi e che tutte le critiche che vengon mosse, vengono comrpese e messe da parte con un "e allora?"
nessuno ti dirà mai hce il film non ti ha emozionato, questo rimane salvo, però da un punto di vista cinematografico i punti sono ben altri.
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Qualunque destino, per lungo e complicato che sia, consta in realtà di un solo momento : quello in cui l'uomo sa per sempre chi è

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Ahsaas

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Inviato: 09-11-2006 17:32  
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In data 2006-11-09 16:09, gatsby scrive:
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In data 2006-11-09 14:57, Ahsaas scrive:
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In data 2006-11-09 14:44, gatsby scrive:
Piermaria Bocchi gli da 3 e Fornara, ma non trovo nulla da loro scritto a proposito.

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E la nuvola chiese alla pioggerellina: "E tu, cosa farai da grandine?".

Il "peggior" blog di cinema: Ammazza la vecchia!!!

[ Questo messaggio è stato modificato da: gatsby il 09-11-2006 alle 14:45 ]



se vabbè, ed emanuela martini 7 o 8 non ricordo. e allora?



non lo so, sei te quello che voleva critici fighi e che tutte le critiche che vengon mosse, vengono comrpese e messe da parte con un "e allora?"
nessuno ti dirà mai hce il film non ti ha emozionato, questo rimane salvo, però da un punto di vista cinematografico i punti sono ben altri.




ma più che altro è proprio il procedimento di citare altri critici (che siano fichi o meno) che ritengo inutile e palloso. mica siamo qui per fare una rassegna stampa. volevi dimostrare che non sei l'unico che la pensa così? mi pare ovvio no? così come non sono l'unico io a pensarla così, su babel. ma non sto qua ad elencare critici o meno che sono d'accordo con me.

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