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Autore FIFA, linea dura con la Turchia
ipergiorg

Reg.: 08 Giu 2004
Messaggi: 10143
Da: CARBONERA (TV)
Inviato: 18-11-2005 11:10  
quote:
In data 2005-11-18 10:48, Julian scrive:
Iper hai ragione quando parli delle partite a livello locale.Io le seguo settimanalmente e raramente anche in Serie A ho sentito tanti insulti(veramente pesanti) rivolti verso un arbitro!Per fortuna non ho mai assistito ad episodi di violenza.. ma quando vedo la gente incazzarsi da morire per una partita di seconda categoria non so se ridere o piangere.




per dire, un mio amico arbitro di basket a livello giovanile e regionale, si è ritrovato 2 volte l'auto coi finestrini fracassati. Inoltre gli hanno consigliato vivamente di comprarsi un cellulare, che puntualmente gli è servito per chiamare la polizia per uscire dallo spogliatoio di una palestra dove si era rifugiato per sfuggire ai facinorosi.

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ipergiorg

Reg.: 08 Giu 2004
Messaggi: 10143
Da: CARBONERA (TV)
Inviato: 19-11-2005 09:44  
Il raconto di un giornalista Svizzero.


Ciao Stefano, torno ora da Istanbul, dove ho seguito da inviato per il quotidiano ticinese Giornale del Popolo la partita tra Turchia e Svizzera. Ti posso assicurare che questi giorni sono stati assurdi e pesanti, vissuti in un clima totalmente ostile, sin da lunedì, il giorno dell’arrivo, senza considerare gli atteggiamenti di Terim a partire da sabato. Ti avverto, ci saranno tante cose da dire...

Be', lunedì abbiamo viaggiato con la Nazionale, appena arrivati all’aeroporto ecco la prima mossa turca, con uno stop al controllo dei passaporti estenuante, durato tre ore, vissute fianco a fianco ai giocatori, tutti in piedi, sudati (mancava l’aria condizionata), stipati. Gli addetti vedevano il rossocrociato dei passaporti e vi si soffermavano, per minuti interminabili, una quindicina addirittura per Frei, ridevano, di tanto in tanto si alzavano e lasciavano scoperta la postazione per altri minuti, parlottavano con i colleghi, tornavano, ridevano. Nelle altre colonne turisti spagnoli, francesi, asiatici, passavano a velocità tripla rispetto alla nostra. Ah dimenticavo, appena aperto il portellone dell’aereo siamo stati (tutti, giocatori e giornalisti) circondati da una ventina di fanatici, con bandiere e gestacci, con questa orrenda frase 'benvenuti all’inferno', sentita troppe volte, un bombardamento. Bene, una volta sbrigate le formalità i giocatori svizzeri si sono avviati verso l’autobus e qui sono stati presi di mira da un’altra orda di scalmanati, volti incattiviti, violenti, allontanati dalla polizia. Poi il percorso sino all’albergo, con uova, pomodori e pietre gettate contro l’autobus: telecamere curiosamente già appostate nei luoghi degli agguati. Il tutto ha ovviamente costretto il gruppo a saltare l’allenamento serale. E questo tutto lunedì.

Martedì giornata di conferenze stampa, con il presunto e presuntuoso imperatore Terim a scatenare i suoi discepoli persino contro i media svizzeri 'faziosi, vogliono screditare la Turchia', messaggio pericolosissimo, come leggerai. Quella di Terim è stata la conferenza stampa più 'forte' (e incomprensibile, ovvio, se non per qualche frasetta tradottami dai colleghi turchi) che abbia visto sinora. Carattere infuocato, incazzato, drogato di potere. Da far gelare il sangue. L’incontro con Kuhn invece è stato piuttosto tranquillo, non fosse stato per quella domanda di un giornalista turco, una domanda contorta e subdola: ''Come crede che la Turchia trarrà vantaggio dalla rabbia provata per il trattamento incivile ricevuto in Svizzera?''. Per trattamento incivile si riferiva alla brutta e deplorevole abitudine di alcuni beceri soggetti di fischiare l’inno della squadra ospite, ad un paio di gesti di stizza di Frei e Magnin, e al presunto blocco dei funzionari dello stadio fuori dalla sala stampa dello Stade de Suisse di Berna prima della conferenza stampa post-partita. Terim infatti non ha partecipato a tale appuntamento con quella scusa, quando poco dopo è entrato il funzionario in questione a negare il tutto, e il funzionario in questione era una ragazzina sull’orlo del pianto, colpevolizzata senza motivo dall’addetto stampa turco per aver bloccato appunto Fatih. Ecco, queste erano le primissime mosse della sua guerra psicologica. Giunte peraltro dopo una partita meritatamente vinta dalla Svizzera contro una Turchia deludentissima.

Mercoledì, giorno della partita, o della battaglia che dir si voglia. Prima una piccola premessa, riguardante il fatto che personalmente non ho una grossa esperienza in questo settore, visto che a 28 anni sono solo al secondo anno da giornalista, ancora praticante per giunta, e per tale motivo nella mia ancora corta carriera non ne ho viste, come si suol dire, di tutti i colori. Comunque...Noi giornalisti ci siamo avviati verso lo stadio a bordo di due autobus del tutto anonimi, una volta nei pressi dell'impianto siamo stati bersagliati dai peggiori gestacci (ti taglio la gola, vaffanculo, e via dicendo) da alcune migliaia di scalmanati. Abbiamo fatto tutto il giro dello stadio, l’arena, il catino, il Sükrü Saraçoglu, dove solitamente gioca il Fenerbahce, e siamo giunti in un posteggio, un cortile. Chiusi i cancelli siamo scesi dall’autobus, rinchiusi in questo scuro spazio sconosciuto, a 100 metri dall’entrata per la stampa. In teoria avremmo dovuto percorrerli a piedi, magari accompagnati da un paio di agenti, invece ci è stato vietato, troppo pericoloso, fuori dal cancello intanto aumentava la bolgia. Tutti di nuovo sull’autobus, scortati da un centinaio di agenti, fino davanti all’entrata, tutti fuori, poi ancora dentro, visto che da lì non ci lasciavano entrare, e poi fuori, finalmente nel posto giusto, mentre sentivamo bottiglie e altro schiantarsi contro i vetri dell’autobus alle nostre spalle. Siamo entrati, e già l’ansia un pochino poteva tornarsene nel mal di pancia, dopo minuti senza fiato e con una fortissima nausea da buon cagasotto, ma ti posso assicurare che ho proprio provato una grande paura. Nessuno si è fatto male, e ora si potrebbe anche dire che questo spavento sia stato esagerato, ma sul momento era bruttissimo. Anche colleghi molto più anziani di me, quelli delle televisioni pubbliche per esempio, mi assicuravano che una tale accoglienza non l’avevano mai ricevuta da nessun’altra parte.

Poi la partita, con l’inno svizzero non solo fischiato dalla metà del pubblico presente, ma anche liberato dalle casse a volume bassissimo, impercettibile, parola di tecnici audio presenti sul campo. Nel riscaldamento, a turno, un giocatore della Turchia poi si indirizzava verso la curva opposta, facendo uno slalom tra gli svizzeri che si stavano scaldando a loro volta nella loro parte di campo, e una volta sotto la curva chiamava alla carica tutti i suoi, animi facilmente surriscaldabili. Durante la partita, sorvolando su qualche entrata e qualche gomitata classica, alla Alpay per intenderci, intimidatoria, con l’arbitro lontano, ogni volta che la Svizzera partiva palla al piede lo speaker chiamava tutti a fischiare, e questo sarà accaduto una dozzina di volte, una dozzina di tentati contropiedi, una dozzina di richiami dello speaker dello stadio. Poi la vittoria turca parziale, quella svizzera globale. E infine, appunto, il finale.

All’interno del corridoio che porta agli spogliatoi è davvero successo di tutto, io ero dalla parte opposta ma lì c’erano alcuni amici, i colleghi televisivi, pronti a documentare la festa, ma bloccati dagli addetti alla sicurezza dello stadio (non dalla polizia!), ogni telecamera doveva essere spenta, minacce furibonde, un cronista della ARD che non ci stava pare sia stato selvaggiamente malmenato. Triplice fischio finale, gli svizzeri presi dal panico scappano nel tunnel, con velocità innaturale, piena di paura, alla loro rincorsa subito alcuni giocatori turchi, il portiere Volkan ha avvistato il dottore svizzero e gli ha tirato una gomitata, facendogli perdere la borsa dei medicamenti per strada, prima di gettarsi nella mischia. Un massaggiatore turco intanto prendeva a calci chi gli capitava vicino, tra questi anche Behrami (fortissimo davvero, buon per la Lazio, poi è ticinese!), Huggel allora gli ha tirato un calcione nel sedere nella corsa, e poi si è tuffato nella mischia, pare perché avrebbe visto picchiato un suo compagno nel corridoio. Alpay a sua volta eccolo ancora protagonista, e in fondo al tunnel ha ritrovato proprio Huggel (foto), picchiato. Come Grichting, che tu dici essere già andato a casa sua, ma che ha viaggiato con noi nel pomeriggio, seduto in silenzio, ancora impaurito, con un catetere che gli resterà legato ai testicoli per sei settimane, il sistema urinario rovinato a suon di calci nel basso ventre, calci provenienti dai giocatori turchi ma anche dagli addetti dello stadio, di nuovo protagonisti, come contro l’Inghilterra (Alpay venne licenziato dall’Aston Villa allora, così come quei funzionari dal loro stadiolo-catino).

La cosa peggiore è che arrivati in albergo abbiamo acceso la Tv e abbiamo visto un’unica immagine, quando già sapevamo esattamente quanto accaduto (anche di un Emre irriconoscibile, inarrestabile, con gli occhi innaturalmente fuori dalle orbite; i due Altintop invece a dividere tutti, a fare da scudo agli svizzeri, molti dei quali loro colleghi in Bundesliga, e poi a confessare che loro non si riconoscono in questa Turchia, che non vogliono più saperne), e quella immagine durava tre secondi: Huggel che dava un calcione ad un massaggiatore turco. I giornali del giorno dopo, tutti i telegiornali delle faziosissime Tv turche, a sottolineare la mossa che avrebbe dato il via alle grandi manovre di battaglia. Ora, da fonti svizzere, sono giunti altri secondi di quelle riprese, con Behrami sgambettato da quel soggetto, e poi con Huggel in un secondo tempo a cercare vendetta, del tutto impanicato, adrenalinizzato, colpevole quanto volete voi, ma per nulla istigatore iniziale. In merito agli agenti feriti poi, guarda, nessuno me ne aveva parlato, e essendo degli amici credo che se qualcosa avessero visto me l’avrebbero raccontato. In Turchia la stampa è terribilmente faziosa, e qui la voce dominante, anche tra gli stessi appassionati calciofili turchi, è che Terim controlli un movimento per nulla piccolo di gente, di media eccetera, una situazione scottante, ma su questo sinceramente non abbiamo avuto modo e coraggio di indagare in questi pochi intensissimi giorni.

Tantissimo, e nella testa mi frullano ancora altre immagini, piccole ma per me significative, senza festa. Il sogno degli svizzeri era di raggiungere i Mondiali, era pure il mio di sogno che almeno forse ci posso andare anch’io in Germania, ma nessuno ha festeggiato, tutti in silenzio, verso l’albergo. Poi fortunatamente la grande festa, all’aeroporto di Zurigo, dove abbiamo ritrovato il sorriso, accolti da centinaia e centinaia di altri sorrisi. Appena li guardavo, oltre il vetro, con palloncini e bandiere, mi veniva il magone, allora tornavo ad abbassare lo sguardo alla ricerca dei miei bagagli, per non piangere della gioia e dalla leggerezza sin lì represse, ma poi tornavo a guardarli, bellissimi. E attorno a me vedevo i giocatori, ventenni o poco più, non dimentichiamolo, finalmente con gli occhi che brillavano, senza più paura. Sai, forse la nostra paura era esagerata, infatti alla fine nessuno (almeno tra i giornalisti) si è fatto male, ma ti sembra comunque normale che io abbia così tante cose da raccontarti su una partita importante sì ma pur sempre di pallone? Secondo me qualcosa che non quadra c’è. Rissa generale dici, secondo me non è possibile mettere sullo stesso piano una squadra che scappa nei propri spogliatoi e una che la rincorre, se poi le due parti vengono a contatto ecco la rissa, ma la colpa è davvero di entrambe le parti? Non so. Non è possibile riconoscere colpevoli? Neppure punire una federazione recidiva? Sembra che in fondo al corridoio qualcuno della FIFA fosse presente, staremo a vedere. In quanto a Blatter, per nulla idolatrato dagli svizzeri, non mi sembra paragonabile a Galliani, anche perché forzatamente chi ne occupa la posizione (di Blatter intendo), una nazionalità deve pure averla... nel caso, Blatter è svizzero sì, ma non so quanto la cosa possa essere influente nel caso.

Paolo Galli
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Spock: We must acknowledge once and for all that the purpose of diplomacy is to prolong a crisis.

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